Controra #11 - La newsletter per una volta non mattutina
Controra #11
E quindi rieccoci qui, nel 2024, che mi pare abbastanza uguale al 2023. Come stai? Che fai? Se ancora non lo avessi capito, qui troverai più domande che risposte (e un sacco di link!), e se mi rispondi mi fai felice, perché ho nella mente questa immagine di te che leggi mentre stai in posti e fai cose, e chissà se immagino bene. La prima grande domanda che mi pongo è: riuscirà questa newsletter a non finire come sempre nello spam? Se conosci metodi infallibili e che non siano i soliti noti, scrivimi. La seconda è: chissà se ti aspetti di trovare anche qui elenchi più o meno lunghi di buoni propositi; se fosse così, mi spiace ma no. Devo ancora evadere quelli dei decenni passati. Però ultimamente ho pensato pensieri e fatto cose e qualche scoperta eccezionale, e ora ti racconto tutto. Mettiamo prima un po' di musica:
Sottofondo che va bene anche di giorno.
Cose che ho fatto: ho passato settimane a colloquiare con il servizio clienti di Deliveroo e mi auguro fosse popolato da bot perché a domande semplici e a prova di fesso mi hanno fornito risposte inutili, il che dimostra che c'è ancora tanta strada da fare su quel versante. MA ho anche creato cosine divertenti con questo generatore di immagini, il che dimostra che l'AI (se sai usarla) ti descrive meglio di qualsiasi bio.
Mi pare perfetta!
Cose che ho allenato: l'arte della diplomazia, che andrebbe insegnata a scuola per imparare a destreggiarsi nella titanica impresa di rispondere a richieste inopportune di gente che ti cerca solo quando le serve qualcosa, senza mandarla cordialmente a quel paese.
Cose che mi hanno fornito conferme: che si tratti di un nuovo social o di un film, tutti vogliono un tutorial. Su Threads (mi trovi anche lì, ma non trovo ancora l'iconcina da inserire in fondo alla NL, quindi semmai clicca qui) la gente si domanda in continuazione "Come dovrei usarlo? Cosa è meglio fare?" con l'aria di chi sta cercando di vincere il Pulitzer. Amiche e amici, è un social, provate, state sereni! Sempre sui social, decine di post e articoli su questo film: "spiegatemi il finale!", "Il finale, spiegato", "cosa vuole dirci l'autore?". Boh, io ho sempre pensato che sono proprio i finali aperti quelli che possono stimolarci di più, a pensare, a ipotizzare, a ragionare. Anni e anni di video su come affettare le mele o allacciarci le scarpe ci hanno decisamente rovinato.
Cose che ho immaginato passeggiando per il mio vecchio quartiere romano: cosa sarebbe successo se? Il pensiero delle sliding doors mi attraversa spesso, soprattutto quando osservo delle potenziali "me" dietro ai vetri di un locale: se non fossi andata via, cosa farei adesso? Quasi certamente non scriverei Controra, essendo troppo impegnata a trovare parcheggio.
Foto di Clem Onojeghuo su Unsplash
Cose che ho imparato a definire "scientificamente", molto utili per fare un figurone quando devi parlare male di qualcuno stimatissimo senza sembrare un'acida brontolona: al minuto 18 di questo video si parla del non confondere le capacità cognitive degli animali con il fatto che l'animale stesso sia cosciente: il delfino che risolve i problemi ha una vita cognitiva sofisticata ma non significa che provi qualcosa e sia consapevole, esattamente come persone con triple lauree e dottorati di ricerca possono essere totalmente inabili all’empatia e ai rapporti umani o, detta meglio: rivelarsi degli emeriti poveracci.
Cose accettate: al terzo Capodanno di fila rovinato da malanni, cattivo umore, stanchezze estreme, depressioni da rientri in vecchie stanze e vecchi schemi, ho capito che io me ne devo stare ALLA CASA. Chissenefrega delle Feste che ci obbligano a timbrare i cartellini.
Panorama della mia vacanza romana di 10 gg: la vista dal divano.
Cose rivelate: ho capito di aver davvero fatto il giro di boa dell'invecchiamento ascoltando Wild Baricco dove lui bariccheggia nel modo che ben conosciamo e che ci faceva sdilinquire; e quindi: grande intelligenza, definizioni perfette e fulminanti di cose e persone, grande cultura e affabulazione. Ma anche una distanza consapevole e esibita da dimensioni che non gli appartengono, di cui un tempo subivo il fascino e oggi invece mi respinge. Si cambia!
(e mi sono ricordata, non so perché, di lei.)
4 CHIACCHIERE
(con un'amica)
(Disclaimer: la padrona di casa e l’autrice amano i propri figli alla follia e li rifarebbero 100mila volte, ma con l’epidurale, grazie).
Per sfuggire al sentimento da sliding doors di cui scrivevo prima, e ricordarmi chi sono oggi (non la 14enne con i Levi’s 501 e il ciuffo cotonato, ma la madre di un 14enne), mi sono immersa nella lettura di un libro a cui voglio dedicare molto spazio nella Controra di oggi, perché è un tema per me davvero importante e anche doloroso, e mi fa piacere ragionarci anche insieme a te.
Lo dico da madre di Assia Neumann Dayan, editorialista con Linkiesta e La Stampa e autrice televisiva, è un libro multitasking o, diciamo così, ad ampio spettro. È un libro per sghignazzare, se sei fuori dal tunnel da figli piccoli; per avere conferma, se ti serve averla, che la tua scelta di non avere figli è sacrosanta, e anche che sono fatti tuoi; ma è anche un libro di auto-aiuto del tipo “se lo conosci lo eviti o scappa finché sei in tempo”, utilissimo se sei ancora nel vivo della vida loca (a un certo punto la situazione migliora eh, grazie al cielo). È, soprattutto, un libro che mi sarebbe servito moltissimo quando anche io percorrevo i canonici passi dell’esperienza della neo-maternità, tipo quelli degli alcolisti anonimi: “Ciao, sono Stefania, e anche io non dormo da 3 anni per colpa delle stramaledette teorie degli esperti del sonno”.
La verità, schiettamente descritta da Assia con un linguaggio preciso e pungente, è che siamo circondate. Dalla retorica della maternità (che ammanta la figura di madre di quell’aura mistica che giustifica qualunque nefandezza subìta e l’essere sopraffatte dai compiti dell’accudimento), dalla mistica dell’allattamento, dalla fuffa social per monetizzare il più possibile, dalle chat delle mamme. Tutti sanno cosa fare e cosa no. E qualsiasi scelta farai, sarà quella sbagliata. Ti dicono che devi seguire un agile tutorial (vedi che ritorniamo ancora lì!) in migliaia di step, che dura dal momento del concepimento (con gli alert “attenta a cosa mangi, come ti muovi, come respiri”), al delirio premaman (cosa comprare, come arredare case, stanze e sgabuzzini), ai famigerati corsi preparto, al “è nato e mo’ sono cavoli tuoi”. Il senso di colpa, quello per cui ogni cosa che farai per te stessa (finanche fare pipì) da oggi a quando te ne andrai all’altro mondo, ti perseguiterà anno dopo anno, ma direi che germoglia in un momento specifico, quello più delicato e che condiziona spesso il rapporto con i nostri figli e la nostra stessa esistenza più intima e personale, e cioè il parto, durante il quale non è contemplata l’alternativa al Medioevo. Assumiamo caterve di farmaci per qualsiasi cosa, andiamo al lavoro imbottite di antipiretici, anti depressivi o eccitanti perché se lavori quando stai male sei performante, ma GUAI a pretendere l’epidurale: cosa vuoi che sia crepare di dolore, non poterti sedere per mesi, sviluppare una depressione post partum da trauma. Vuoi mettere ascoltare le campane tibetane tra un urlo e l’altro?
Quello che mi ha confermato la lettura di LDDM è che bisognerebbe fare come sui social: 1) don’t feed the trolls, ignora le persone moleste 2) diffida dalle soluzioni facili e dai trucchetti 3) ascolta solo chi ti dice cose semplici, tipo: stai facendo del tuo meglio.
Ho chiesto ad Assia di poterle fare qualche domanda, per scavare un po’ più a fondo, e quindi eccola qui.
Ciao Assia, benvenuta in Controra e grazie del tuo tempo. Tu scrivi da tempo di questi temi, quando hai avuto l’idea di mettere insieme queste riflessioni sulla maternità che sono l’opposto della narrazione che ci affligge da parecchi anni?
Ciao Stefania, intanto ti ringrazio per avermi chiesto di scrivere nell’unica newsletter che leggo. Mi piacerebbe dirti che l’ho fatto per aiutare le madri che sentono di non corrispondere alla descrizione che il mondo fa di loro, ma la verità è che mi è stato chiesto e io non so dire di no al parrucchiere, figuriamoci a un editore.
Mentre leggevo il libro e prendevo appunti per la nostra chiacchierata, ho immaginato quante storie terribili avrai letto o ti avranno confidato, perché si percepisce che l’approfondimento è nato anche dall’ascolto di molte donne. Qual è quella che ti ha colpito di più?
Non ho una storia esemplare da raccontarti, cioè ne ho troppe e oltre a non saper dire di no non so nemmeno scegliere, ma posso dirti che ciò che mi ha più impressionato è stato vedere tante, tantissime donne lasciare il lavoro dopo aver avuto un figlio. Non ti parlo necessariamente di storie drammatiche, anzi, ti parlo di donne assolutamente convinte che la scelta migliore fosse stare a casa col bambino, e questo perché o il bambino era “ad alto contatto” o per paura delle malattie che girano negli asili o per una sproporzionata fiducia nel proprio matrimonio. Mi sembra indicativo di moltissime cose, che riguardano più noi che la società.
Tu hai un figlio ancora piccolo, Ettore (peraltro bellissimo, lo specifico perché da madre fa sempre piacere sentirselo dire, e anche dotato di un certa - ereditaria? - attitudine alla battuta fulminante) e immagino che anche tu sarai stata assediata da consigli non richiesti. Volevo chiederti se, miracolosamente, sei una di quelle persone con il dono di saper rispondere a tono, gelando la commentatrice molesta (femminile sovra esteso per ovvi motivi).
Cara Stefania, ti ringrazio per averlo detto tu che mio figlio è bellissimo e simpaticissimo, non volevo sembrare poco umile dicendolo io. Sul rispondere a tono nel mio libro insisto molto sull’importanza di “avere un brutto carattere”, io l’ho imparato appena è nato mio figlio, ma credo anche sia stata la messa a disposizione di una mia personale inclinazione. Sarà che sono dei Pesci, sarà quel che sarà, fatto sta che ho sempre pensato che rispondere alle vessazioni quotidiane avrebbe magari risparmiato un’altra donna dal subire parole moleste. Non ho mai tollerato le persone che per strada si mettono a spiegarti come si cresce un figlio, mai tollerato personale medico che si intromette in scelte personali (qui funziona molto il “pago le tasse e pretendo”), mai tollerato sui social quelli che si mettono a fare la morale senza che nessuno gliel’abbia chiesto. Queste persone hanno potere solo se siamo noi a darglielo. Non diamoglielo.
Nei giorni successivi all’omicidio della povera Giulia Cecchettin, nello spogliatoio post pilates, ho ascoltato le classiche lamentazioni stagionali sui figli sempre malati e sulla conseguente necessità di prendere ferie e permessi per l’accudimento, dato che i padri erano evidentemente troppo impegnati a salvare vite umane o a scrivere pensierini sulla parità di genere. Veniamo quindi a loro, senza i quali il bebè non esisterebbe ma nemmeno questo gigantesco sistema di ricatto per cui se vai a mangiarti una pizza con le amiche, e lo lasci (il padre, non il bebè) ad arrangiarsi come noi facciamo dalla notte dei tempi, sei un mostro. Dal tuo osservatorio privilegiato, c’è speranza che i padri imparino a fornire il giusto supporto e a fare la loro parte? Potremmo forse iniziare da qui la nostra lotta al patriarcato, da una cosa in fondo semplice: ognuno fa la sua parte, come può?
Io mi chiederei innanzitutto se davvero pensiamo che i ruoli siano intercambiabili con un neonato: se così fosse inizierei col buttare tutte le linee guida sull’allattamento, il che sarebbe un sollievo. In secondo luogo, mi chiedo: se mamma e papà fossero pagati con lo stesso stipendio, starebbero a casa sempre le mamme? Non credo, e per quanto mi riguarda la “lotta al patriarcato” parte sempre e comunque dai soldi. Poi, quello che ho sempre visto io sono mamme guidate dal principio ontologico del “faccio io che faccio prima”, cioè il “maternal gatekeeping” per chi legge il New York Times. La figura del padre non è più quella che in tutti questi secoli ci ha accompagnato, in vita, in letteratura e in psicoanalisi. È un processo culturale lento, che richiede anni di elaborazione, e che soprattutto non va ridotto a slogan e che non dovrebbe essere guidato dall’ottenere consenso sui social. Quando si ha un figlio è naturale affrontare delle rinunce -parlo di rinunce di poco conto, tipo uscire a cena con un neonato tendenzialmente inviperito- e questo non dovrebbe costituire un problema: non è un affronto, non viene negato nessun diritto umano, non bisogna andare all’Aja. Si risparmia molta fatica a non far passare per discriminazione ciò che non lo è.
Sempre a proposito della “parità”. Ricordo con orrore gli anni tra l’asilo e le elementari, circondata dai discorsi assurdi delle “mamme all’uscita di scuola” (genere letterario specifico), motivo per cui ci andava sempre mio marito (e sì, io sono una di quelle che ha scelto con oculatezza!). Ricordo, in particolare, un episodio molto serio: una bambina era stata molestata in rete da uno sconosciuto mentre giocava on-line. Chiaramente, la domanda di tutti era come mai fosse stata lasciata davanti a un pc, e la risposta fu data con candore spiazzante dalla madre (padre non pervenuto mai in alcun contesto scolastico), madre, voglio specificarlo, lavoratrice, con due figli e una casa da gestire: “eh, lei giocava di sera, io ero impegnata IN CUCINA e mio marito a quell’ora è stanco per il lavoro e si riposa sul divano”. Ora, io vivo in una città di provincia che non brilla per modernità, ma temo che anche nella rampante Milano le cose non stiano tanto diversamente.
C’è un pezzo davvero molto bello su “The free press” scritto da una sedicenne, Isabel Hogben, che si intitola “I had a helicopter mom. I found Pornhub anyway”. Questa ragazza racconta che ha iniziato a guardare Pornhub a dieci anni e dà la più precisa descrizione che io abbia mai letto dei genitori di oggi: “Where was my mother? In the next room, making sure I was eating nine differently colored fruits and vegetables on the daily”. Facciamo del nostro meglio, ma a volte non è abbastanza. Ci concentriamo spesso sulle cose minime, perché sono più facili da controllare. È più facile parlare di sharenting che non di pornografia online, ad esempio. I genitori hanno bisogno di una rete di sostegno, che va dalla scuola al medico di famiglia, perché un mondo che prevede l’accesso a qualunque tipo di informazione non è il mondo in cui siamo cresciuti.
Tempo fa, una coppia che conosco mi ha candidamente detto, con l’aria di stare parlando a Erode, che “no, non andiamo spesso a cena con gli amici” perché il pargolo alto quasi quanto me poi si sarebbe annoiato. Io, prima ho ricordato le serate trascorse con mio padre ficcata in un passeggino in una sezione fumosa del Pci negli anni 70 (esperienze che mi hanno certamente temprato il carattere in vista della maternità!), poi ho pensato con perfida soddisfazione a mio figlio buttato su un divano a fare puzzle sul tablet e a guardare video in inglese (ha 10 in pagella senza aprire libro, perché l’internet fa anche cose buone), e infine ho pensato pensieri non nobili su di loro. Ma faccio mea culpa, perché in fondo sono vittime dello stesso sistema di ricatto che immagina i genitori cavalier serventi dei figli fino alla pensione (dei medesimi). Anche di questo parli nel libro.
I genitori oggi sono terrorizzati dalla noia, purtroppo non dalla loro noia, ma dalla noia che possono provare i figli. Vedo bambini che hanno un corso diverso per ogni giorno della settimana, famiglie che passano le notti a compilare fogli excel con le verie attività, e oltretutto gratis. Guardare la pittura che asciuga aiuta l’ingegno. I genitori oggi molto spesso non sono in grado di dire di no. Non c’è nessuna volontà di affrontare un conflitto, un po’ per pigrizia, un po’ perché ogni giorno c’è un educatore che ti dice di praticare il gentle parenting, e un po’ per fatalismo (io per fatalismo). La fine del principio di autorità, e di autorevolezza, è una cosa che va affrontata sia in famiglia che a scuola, perché è una questione che mi sembra piuttosto urgente.
La Meloni dice che le coppie stanno ricominciando a fare figli grazie agli incentivi del governo. Speriamo che nessuno le parli mai del tuo libro, non vorrei che al prossimo comizio ce la ritrovassimo a inveire contro di te, che a differenza della Ferragni sei poco ricca. Se improvvisamente diventassi PdC, quali sono le prime due cose su cui investiresti? Perché è chiaro che, come sempre, è anche una questione di sganciare del denaro.
Intanto come ti permetti di dire che sono poco ricca non lo so (sì, lo sono). Non so quali fantadati abbia consultato Giorgia Meloni, e non ho nemmeno capito quali fantaincentivi abbia messo a disposizione delle famiglie, ma preferisco rimanere nell’ignoranza. La prima cosa che farei è togliere la Naspi se ti licenzi entro il compimento dell’anno del bambino. Ti vedo che inorridisci, vedo che le vendite del libro crollano a picco, ma io ribalterei la visione: incentiviamo le donne a tornare al lavoro dopo la maternità. Copriamole di soldi, bonus, tempo, agevolazioni, e soprattutto paghiamole come gli uomini. L’indipendenza economica è un diritto fondamentale, fosse per me parlerei solo di quanto contrastare la violenza economica debba essere la priorità di ogni paese civile. La seconda cosa, funzionale e imprescindibile affinché la prima vada a buon fine, sono gli asili. Un paese in cui il principale welfare sono i nonni è un paese destinato a fallire.
Uno dei capitoli su cui ho riso di più, ma proprio scompisciandomi, è quello legato al cibo (a parimerito con quello sui nonni). È noto che su questa materia si è concentrata la peggior miscela di fuffa social di sempre, sempre per quel discorso del senso di colpa per il quale se trascuri gli ottomila passaggi della beauty routine coreana sei solo un po’ da compartire, ma se compri gli omogeneizzati invece di andare a cogliere la verdura direttamente alle pendici dell’Himalaya, sei da bruciare sul rogo. Mi racconti un aneddoto divertente?
Negli ultimi anni è venuto fuori il dogma dell’autosvezzamento. Ci sono questi nutrizionisti pediatrici o sedicenti esperti (oggi sono tutti esperti o consulenti di qualcosa) che ti ripetono che bisogna avere fiducia nel bambino, ma io di uno che invece di parlare piange, che non sa stare in piedi, che non sa né leggere né scrivere e che non ha nemmeno i denti non mi fido. Fatto sta che c’era questa mamma che tutta orgogliosa diceva che lei faceva autosvezzamento, che il bambino non aveva i denti ma mangiava tutto, ma proprio tutto, comprese lasagne, cannelloni e bistecche. Ah, ma che bravo sto bambino, mastica bene anche la fiorentina? Certo, disse lei, gliela frullo. Aveva ragione lei, anche perché non immagino un taglio più sicuro di così.
Immagina che ti stia leggendo Tizia, incinta di 6 mesi e che forse a questo punto si disiscriverà dalla newsletter: dalle un consiglio da madre.
Cara Tizia, probabilmente non andrà come pensi che vada, ma ti assicuro che ogni giorno andrà un po’ meglio del precedente.
LDDM avrei voluto leggerlo prima, o forse no, dato che mio figlio forse non sarebbe nato. Mi accontento di averlo letto adesso, che posso permettermi di riderci sopra perché sono sopravvissuta ai corsi preparto, alla violenza ostetrica, alle talebane dell’allattamento, agli esperti sul sonno che mi hanno regalato l’insonnia cronica e posso, quindi, provare quel meraviglioso sentimento che è il sollievo: di sapere che non ero io, che ho fatto del mio meglio e che mio figlio, nonostante tutto, mi è venuto proprio bene. Non come Ettore, chiaro.
Grazie Assia, aspettiamo il seguito!
Cose da cliccare, guardare, gustare, salvare
(senza fretta! lo ripeto ogni volta)
E andiamo con la consueta carrellata di consigli, faticosamente selezionati nel lunghissimo elenco che aggiorno quotidianamente:
Se ti piace il Re, ti consiglio questo podcast: è ad alto rischio spoiler (che però sono adeguatamente segnalati) ma utilissimo per scoprire cose e collegamenti da veri nerd e approfondire storie e temi dell'universo kinghiano. Difetta un po' nella scrittura, che a volte mi sembra sfilacciata, e chissà se c'entra la moda recente di dare ai podcast quel tocco di "facciamo che ne stiamo parlando come quattro amici al bar". Ne approfitto per comunicare a te e al mondo che trovo incomprensibile il successo di certi podcast confezionati male, banali, superficiali, scritti come un tema delle medie. Fine del comunicato.
Passando a cose scritte decisamente meglio: Lucio del Corso, papirologo dell'Università di Salerno, nonché amico MIO, in questo articolo racconta molto bene come l'Intelligenza Artificiale (che non è solo scema come i bot dei servizi clienti) ci stia forse portando a una svolta epocale, a partire dalle parole recuperate dai papiri carbonizzati di Ercolano. Tutto è nato da una challenge informatica lanciata dall'Università del Kentucky (clicca sulla foto se vuoi approfondire):
Un thread lunghissimo, che però vale la pena consultare se sei super fan del film Shining ma soprattutto delle facce del nostro adorato Jack.
Long read imperdibile made in USA: la storia del serial killer della Gilgo Beach, che l'ha fatta franca per 13 anni nonostante decine di indizi e segnali di allarmi che portavano tutti a lui. Non benissimo per polizia, investigatori e compagnia bella della Contea di Suffolk.
Serie TV: Operazione speciale: Lioness la trovi su Paramount + e prende il nome dall'omonimo programma militare americano di addestramento al femminile di spietate Marine, destinate a incarichi sotto copertura nella lotta al terrorismo in Medio Oriente. C'è tutto l'armamentario di spie, sparamenti, dialoghi affilati e missioni impossibili, ma in un'inedita versione al femminile, con un focus particolare sulla difficilissima conciliazione tra la vita familiare e un lavoro non proprio comune. Il cast è davvero importante, su tutti una tormentatissima Zoe Saldana e Nicole Kidman, talmente brava da riuscire a convincere nonostante un viso sempre più di plastica (Nicole, perché?!). Se invece cerchi qualcosa di meno adrenalinico, guarda qui:
Il Commissario Gamache. Misteri a Three Pines è una miniserie tratta dal ciclo di romanzi di Louise Penny dedicati al commissario capo della Sureté del Quebec. La trovi su Sky on demand. Gradevole, con un ritmo rilassato e raffinato, in perfetto pendant con le ambientazioni canadesi. Molina è perfetto, anche se un po' soverchiante rispetto al resto del cast.
Un discorso che ha la mia età ma è invecchiato benissimo.
Le newsletter degli altri: quella di Mizio Ratti te la consiglio se ti appassiona la comunicazione (perché magari te ne occupi) ma anche solo se, come me, adori gli spot pazzeschi. Per esempio, questo.
Reparto vintage: Libri piccolissimi ma preziosissimi e libri di quando non esistevano i tutorial.
Utilità: un aiuto per quelle volte che " qual era quel film con coso che faceva cose?"
Carinerie (altre ispirazioni le trovi sul mio profilo instagram alla voce "follow"): un intagliatore di libri, una strategia per i nostri prossimi diecimila meet, qualche secondo di estremo benessere.
E a proposito di lavoro...
Illustrazioni imperdibili.
Reparto pucciosità: la pesatura del koala.
Ti vedo che non ne puoi più, coraggio!
Ora, tu mica avrai pensato davvero che ti lasciavo senza nemmeno un "buon proposito"? Questo è a forma di lettera d'amore e questo, saggissimo, ce lo manda Kevin. E poi c'è questo, che è il mio preferito, così ti ho messo anche lo screenshot che, come sai se non sei alla prima lettura, significa che ho terminato.
Ci leggiamo una domenica di febbraio, spero di ritrovarti qui, ciao!