Controra #6 - la newsletter senza troppi buoni propositi 😑
Controra #6
Ah, settembre! Mese di capodanni metaforici, elenchi illusori di buoni propositi, cambi armadio incerti (farà caldo? farà tiepido? saremo spazzati via da un uragano?) e riflessioni sull'estate che è finita. Ben ritrovata, ben tornato; se è la prima volta che entri nella casa di Controra e non sai bene che aria tira da questa parti, c'è un utile archivio, e nel numero 0 ti spiego la rava e la fava di questo strano posto senza scopo di lucro ma pieno zeppo di link. Come stai? Il riposo ti ha fornito la giusta tempra per i mesi che ci aspettano? Io ti confesso subito la mia semi-inadempienza rispetto a quanto mi ero ripromessa: il mio digital detox ha resistito abbastanza, e devo dire con grande beneficio, ma nulla ha potuto di fronte al fatto che è successo di tutto e non potevo non informarmi (sono stata però molto brava nel limitarmi a osservare senza intervenire più di tanto).
Agosto: una sintesi perfetta.
Nonostante la giustificazione di cui sopra, mi sento come se non avessi fatto tutti i compiti delle vacanze, però ho riflettuto moltissimo e, come sempre, ho affollato il mio Trello di spunti per te. Quindi armati di blocco appunti, qualcosa potresti volertela salvare! (Cos'è Trello lo spiegavo qui.)
4 Chiacchiere
(su cosa ho imparato e scoperto quest'estate)
Sottofondo: una playlist che ci sta bene perché qui si legge con calma, anche a mollo nella vasca da bagno.
La prima cosa che ho imparato è che se riesci a liberarti davvero, e per un tempo congruo, dalla schiavitù dei social, banalmente rinasci. Passati i primi giorni di astinenza, ti accorgi del peso gigantesco che ti sei tolta dalle spalle: via quello stordimento da scroll selvaggio, via la FOMO del non doversi perdere nulla e del dover recuperare ciò che abbiamo perso, via il peso dell'obbligo che ci siamo auto-inflitti di dover condividere il più possibile. Sorpresa: il mondo gira lo stesso, anche senza i nostri reportage minuto per minuto di spiagge, monumenti, ristoranti, libri letti; ne parlavo con un'amica che ho incontrato per la prima volta fuori da Instagram (ciao amica, è stato bello!): anche lei, come molti altri, mi diceva della stanchezza di dover essere sempre presenti, soprattutto se con i social ci lavori, e mi raccontava della decisione di godersi la sua vacanza senza preoccuparsene troppo. Io con i social non ci lavoro, ma da grandissima fruitrice di tanti progetti on-line sono convinta che una community solida non ha bisogno di essere intrattenuta bulimicamente 365 giorni all'anno ma che, anzi, è giusto educarci e educare alle dovute disconnessioni. Da parte mia, quel poco che ho osservato nelle scorse settimane - reso molto più chiaro, paradossalmente, proprio dalla lente di una certa lontananza - mi è sembrato spesso noioso, a volte ridicolo, francamente poco utile. Un fritto misto di storie dalla spiaggia, spieghini ridondanti e forzati e le immancabili polemichine e polemicone del giorno, che non spostano di una virgola la vita della gente nel modo reale e alimentano sempre e solo il nostro ego.
Il nostro ego, esemplarmente interpretato da Pedrone, che Dio lo benedica.
Un altra cosa che ho imparato: siamo e resteremo per sempre, nei secoli dei secoli, un Paese di guelfi e ghibellini. Sono anni che rifletto su questo, e ne riparlerò, per oggi mi limito a condividere con te lo scoramento con cui ho osservato le reazioni alla morte di Michela Murgia. Furibonde discussioni su cosa intendiamo per intellettuale (lo era? non lo era?), sul suo essere privilegiata (lo era? non lo era?), sulla differenza tra intellettuale e influencer, su cosa è utile e funzionale al progresso in termini di diritti civili delle minoranze (la contrapposizione netta? il dialogo? la testimonianza?); una baraonda incredibile riducibile allo scontro tra due grandi fazioni. In mezzo, chi come me osserva senza certezze lapidarie tranne una: che ritengo molto più pervasiva la scrittura rispetto a quell'attivismo in formato social che appiattisce tutto nella semplificazione da slogan, nelle contrapposizioni feroci, negli amichettismi, nel contenuto condiviso mille volte ma forse non realmente rimuginato, fatto proprio, vissuto. Come scrivevo qui, preferisco coltivare sempre il dubbio piuttosto che crogiolarmi nelle granitiche certezze che ti danno certe bolle. Poi ho scoperto anche altre cosette, tipo:
se proprio in quelle bolle vogliamo crogiolarci, sentendoci virtuosissime e sul pezzo, facciamolo con la consapevolezza che la realtà è molto diversa. Per esempio: parti convinta che tutti mettano in valigia quintali di solari da utilizzare come ci insegnano le nostre amiche dermatologhe e poi ti ritrovi a cena circondata da persone con abbronzature anni '80. Hai presente quel color mogano lucido? Ecco, ho vissuto continui flashback di quelle estati in cui osservavo con occhi a cuore (non conoscendo i rischi) le abbronzature delle signore pugliesi che si spalmavano quintali di Lancaster da aprile a ottobre
non mi piacciono gli audiolibri: ho provato l'abbonamento a Storytel ma niente, non fa per me. Le voci e le storie devo immaginarmele nella testa, il racconto fruito così non riesce proprio a catturare la mia attenzione. Meglio i podcast, tipo quello che ti consiglio dopo
pensare che tutti si preoccupino delle stesse cose che angosciano te, è un'altra, gigantesca illusione; davanti agli eventi climatici estremi, vige la strategia dell'opossum: fingersi morti, non reagire almeno finché non ti si scoperchia parte del tetto e un albero ti attera sul cofano della macchina; in quel caso sei autorizzata a preoccuparti, soprattutto sapendo che le chiacchiere stanno a zero e al prossimo giro ti volerà via anche il tetto rimasto indenne
oltre alla classe politica peggiore di sempre (Silvio, perdonaci, tu in confronto a questi eri Roosevelt), la sorte ci ha donato anche miliardari che, non contenti di colonizzare malamente i luoghi dell'informazione e dello svago, ci ammorbano millantando risse che possono prendere sul serio solo i politici di cui sopra (a proposito: il mio personalissimo e inutile atto di ribellione verso il padrone è che no, Elon, non lo cambio il logo di Twitter con quella schifezza, hasta siempre l'uccellino)
ancora non abbiamo imparato che i generali disonorevoli, i cantanti che si percepiscono maître a penser e, soprattutto, i favoriti di corte che della Du Barry hanno solo il gusto per le cofane in testa, vanno in tendenza (con tutte le conseguenze del caso, e cioè: inutilissime discussioni lato nostro e fama e soldi lato loro) perché ce li mandiamo noi
Insomma, il mio meritato riposo è stato assediato da colate di fango che non fanno notizia, notizie che pensi di essere in una candid camera, tentativi di renderci i social più simpatici (avevamo bisogno delle storie su Telegram? direi di no) e una diffusa e allucinante aggressività. Nel giro di tre settimane ho assistito a scene folli, tipo la signora che ha sbroccato alle Poste talmente male che, in una frazione di secondo, ho rispolverato decine di scene di gente che impazzisce nei film per capire come salvarmi la pelle. Non possiamo fare granché, a proposito di questo, ma per tante altre cose invece sì: come d'estate cerchiamo di staccare da tutto, così nel resto dell'anno possiamo e dobbiamo imparare a mollare le zavorre, perché la distanza non è un filtro ma una lente di ingrandimento che ci aiuta a mettere a fuoco le priorità e a non cadere nell'errore di pensare che ogni cosa dipenda da noi. Un giorno in cui ho sentito l'ansia montare (per il clima fuori controllo, perché quasi nulla funziona e quello che funziona viene distrutto, perché sembriamo criceti nella ruota), ho ripensato a questo. E quindi, l'unico proposito davvero importante in questi giorni (a parte perdere i mille chili presi con mucho gusto magnando in compagnia) è insistere in un modo diverso di coltivare la vicinanza e la condivisione, sia attraverso questa newsletter sia, banalmente, confrontandomi su una panchina o al tavolo di un bar invece che sul palcoscenico dei social, tutti i social (pare che anche quelli nuovi non siamo migliori: chi ha provato le novità non ne dice benissimo), che per me ormai sono solo svago e carinerie (alcune le trovi dopo), mica posti da prendere sul serio.
La vita, fuori.
La stanza degli ospiti
La stanza di oggi ospita Giulia, una lettrice di Controra che mi ha scritto dopo il numero zero per ringraziarmi. Ma sono io che ringrazio lei, perché ho avuto l’occasione di conoscere una professione di cui ignoravo quasi tutto e perché ha accettato il mio invito a condividere la sua storia. Spero che ti piaccia e che magari ti faccia venire voglia di raccontare anche la tua.
Ciao Giulia, benvenuta, raccontami la tua storia.
Tutta la mia famiglia appartiene al mondo della danza. Uno zio ballerino internazionale, una nonna ed una zia costumiste e mia madre insegnante di classico. Inutile specificarti che ho studiato danza classica da sempre e nonostante mi piacesse molto il mio cuore, da che ho ricordi, batte in tre tempi, come il galoppo di un cavallo. Parlavo di cavalli, disegnavo cavalli e giocavo con miniature di cavallo, ne ero letteralmente ossessionata. In prima media un professore di educazione fisica geniale ci portò in gita a fare una lezione di equitazione, poi convocò mia madre. “Sua figlia parlava con il cavallo e lui sembrava capirla”: queste sono le parole riportate da mia madre, certamente romanzate, ma efficaci. Fu così che cominciai a prendere lezioni di equitazione. Solo il sabato, perché costava davvero molto. Poi a 14 anni, in poco più di due mesi, il mio fisico gracile si trasformò improvvisamente, mi venne un seno enorme e presi quasi 10 chili. Il medico ci disse che era solo un picco ormonale, niente di cui preoccuparsi, ma diciamo che l’intervento di madre natura mi tolse dall’impiccio di dover scegliere tra danza e equitazione, perché semplicemente una ballerina classica con una quarta di reggiseno non si era mai vista. Continuai danza a livello amatoriale e mi diplomai al liceo classico. I miei week end in maneggio rimanevano la parte migliore della settimana, ma immaginare un futuro nel mondo dei cavalli non era per me possibile. Si delineavano solo due strade davanti a me: la prima era quella dell’insegnamento canonico e a me non interessava, la seconda, quella sportiva, non era percorribile senza una base economica di alto livello. Così abbandonai l’idea di poter fare della mia grande passione un vero lavoro e cominciai un’università che non mi piaceva, con la speranza di poter almeno coltivare l’altra mia grande passione, la scrittura.
E qual è stato il momento di svolta?
La mia non è stata una lampadina accesa all’improvviso, quella luce brillava in me da sempre, io ero sempre stata in stazione ad aspettare. E un giorno il treno passò. Per una serie di coincidenze partecipai ad un clinic, un incontro formativo, con Francesco Vedani, divulgatore istrionico su YouTube, addestratore e rieducatore di cavalli. Durò due giorni, durante i quali ebbi l'occasione di lavorare con un istruttore e conoscerne metodi e filosofia di lavoro. L'approccio era parlare di equitazione in leggerezza e la finalità quella di approcciarsi e montare a cavallo senza l'impiego di forza o coercizione. Purtroppo nell'ambiente è cosa ancora molto rara, perché richiede più tempo e abilità tecnica, ma i cavalli ringraziano.
Questi incontri, che oggi conduco anche io, si svolgono attraverso lezioni individuali in cui il cavaliere o amazzone ha modo di essere seguito con il proprio cavallo, in gergo si dice "fare lezione". Improvvisamente seppi cosa volevo fare da grande. Quando mi propose di andare nella sua scuderia ad imparare, la mia reazione fu immediata, come se la matassa del mio destino si svolgesse davanti a me in modo chiaro e irrevocabile. È stata dura, ho faticato molto dal punto di vista sia fisico che mentale perché è un mestiere pericoloso e non avevo sicurezze economiche. Ma oggi lavoro come addestratrice di giovani cavalli, rieducatrice di soggetti traumatizzati e istruttrice da ormai più di dieci anni. Abbiamo salvato decine di cavalli e teniamo clinic in tutta Italia e all’estero.
Non conoscevo per niente questa realtà, è molto interessante! So già come risponderai alla domanda: chi senti di dover ringraziare…
Sicuramente devo ringraziare Francesco. Se non avessi incrociato la sua strada dubito avrei mai trovato la mia. Ma devo anche ringraziare mia madre, che mi ha sempre spinta ad inseguire il mio sogno.
E chi invece proprio no?
Non ringrazio tutti coloro che fanno in modo che io abbia così tanto lavoro. Non hai idea di quanti cavalli pieni di paura, rabbia o dolore io abbia incontrato. Alcuni diventano molto pericolosi, ma è sempre colpa dell’uomo.
C’è un oggetto o un posto o una canzone o una foto, insomma qualsiasi cosa che simboleggia la tua storia?
Beh, forse è banale, ma quando vacillo mi ascolto sempre L’isola che non c’è di Bennato e penso “se ci credi ti basta, perché poi la strada la trovi da te”.
Un consiglio per chi ci legge e magari vive una situazione come la tua?
Sicuramente che vale la pena inseguire i propri sogni, darsi la possibilità di salire su quel treno. Ma non servirà a nulla se poi non si è disposti a dare tutto, a sputare un po’ di sangue per raggiungere l’obiettivo. Non fate le cose a metà, se davvero desiderate qualcosa, mangiatevi i minuti, divorate il sentiero.
Grazie Giulia.
[Giulia che non sa che, per una delle solite coincidenze che non lo erano, qualche settimana fa una persona della mia famiglia si è lanciata in una lezione di equitazione e vorrei seguirla a breve, sempre che io riesca a salirci sul cavallo :) ]
Cose da cliccare, guardare, gustare, salvare
(anche in più riprese perché sono una marea, as usual)
Un piccolo incoraggiamento se hai un progetto in partenza....fai clic!
il poco tempo dedicato ai social durante le vacanze, l'ho trascorso seguendo tre viaggi, che puoi recuperare se hai ancora voglia di vedere cose bellissime: Alessandra Farabegoli in Norvegia, Chiara Carolei in Cambogia e Martina Bellani negli States
serve aiuto per il digital detox? leggi qui
se proprio vuoi scrollare, scrolla cose belle
stai già pianificando un prossimo viaggio? oggetti che varrebbe la pena rubare in albergo (altro che le saponette)
fatichi a dormire nonostante le vacanze? prova questo
ma forse meglio leggere una storia (rilassante già nel titolo)
vuoi cambiare la solita penna? ecco le migliori del 2023
ma se preferisci le matite, come non capirti!
una guida interattiva, bellissima, sul back to office
poi, nel fine settimana, una bella mostra
mentre infuria il derby Stefano Nazzi/Pedro Trincia, io rubo il pallone e ti segnalo un altro podcast che potrebbe piacerti se ami il genere: si chiama Anime nere e, nelle prime due stagioni, affronta il caso della strage di Erba in maniera diversa dagli altri prodotti che negli anni ne hanno parlato, dando moltissimo spazio di riflessione ad alcuni protagonisti e ricordandoci che il male assoluto, oltre che in insospettabili vicini di casa, alberga in certe terrificanti trasmissioni televisive che vorrei scomparissero dalla faccia della Terra
per la rubrica "le newsletter degli altri", or ora inventata, ti consiglio Saluti da Napoli, di Ciro Pellegrino: mi piace moltissimo il suo modo di raccontare la città, con il suo groviglio di contraddizioni, miserie e splendori abbacinanti
serie tv: il buon vecchio Kiefer Sutherland torna a fare quello che gli viene meglio, ossia cose in stile 24. Il valore aggiunto in Rabbit Hole è un mix perfetto di spy story, thriller e dramma psicologico in cui niente è come sembra e anche i più scafati di noi saranno invischiati nel dubbio e sbalorditi dalle certezze che si sgretolano. La trovi su Paramount +
Infine, lo screenshot di oggi, da rileggere sperando che sia rimasto ancora in giro qualcuno sano di mente.
Be', direi che anche stavolta sono stata sobria e parca nei suggerimenti. Ricordati che Controra puoi leggerla in comode rate a tasso zero, la apri, la leggi, la chiudi, la riapri, NO STRESS. Ci sentiamo prossimamente, se nel frattempo mi vedi meno in giro non preoccuparti, significa che sto così. Baci!
p.s.: te lo dico sottovoce, poi tu fai come ti pare: nelle situazioni/condizioni che sappiamo a memoria, portati sempre dietro una mascherina.