Controra #1
Ciao!
Se approdi da queste parti per la prima volta e non capisci bene di cosa si tratta, puoi recuperare il numero . Qui c'è tanto da leggere (e ascoltare, e guardare) ma è anche un posto dove entrare, uscire e ritornare quando vuoi. Nessuno ci corre dietro, nessuna FOMO ci assilla.
Come stai? Non puoi vedere la mia faccia, ma immaginami sbalordita per il numero incredibile di gente che legge Controra (e per i messaggi che mi sono arrivati, GRAZIE). Chiaramente non parliamo di numeri alti in senso assoluto, ma trovo stupefacente che, a scatola chiusa, così tante persone abbiano scelto di iscriversi all'ennesima newsletter. Questo mi fa pensare all'importanza di costruire community solide e, soprattutto, alla fiducia che riponiamo in chi seguiamo sui social e che, per quanto mi riguarda, prescinde totalmente dai numeri. Ma di questo parleremo in un'altra occasione...
Partiamo, copriti perché l'arietta è traditrice.
4 Chiacchiere (su un traghetto per Staten Island)
Sottofondo: la melodia a cui penso ogni volta che ne vedo uno.
Spesso su Instagram mi hanno chiesto come riesco a trovare tutte le cose che condivido e perché lo faccio. C'entra l'imprinting, e oggi ti parlo di questo (d'altra parte, vorrai mica che ti parli del Governo, del caro-affitti e delle varie amenità che ci stressano, non è il luogo giusto). L'imprinting è una forma di apprendimento fondamentale che si realizza in quei periodi della vita in cui il cervello è un terreno estremamente fertile e ricettivo, producendo una memoria indelebile e un forte condizionamento sul carattere e sulla personalità.
Esempio di imprinting meno Treccani e più terra-terra, così ci capiamo. Se dico "post -it", qual è la prima cosa che ti viene in mente? Io penso subito al padre di tutti i post-it:
Spero non serva che io ti spieghi che si tratta del post-it con cui Carrie Bradshaw viene lasciata da quel fesso di Berger in una puntata storica di Sex & the City.
Metti però che tu abbia questa profondissima lacuna culturale, ti agevolo un utile link.
Altro esempio, meno pop: pochi esami di storia potranno fissare nella tua mente i concetti di Guerra e Resistenza come aver letto "La ragazza di Bube" a dieci anni, come spiegavo qui.
Insomma, ci sono esperienze che lasciano un'impronta nella mente e che negli anni generano comportamenti che germogliano su un'indole ancora in trasformazione.
L'imprinting che ha generato in me il desiderio fortissimo di approfondire, salvare spunti e accumulare forsennatamente articoli, foto e informazioni è avvenuto quando ho visto, per la prima di innumerevoli volte, Una donna in carriera.
Spieghino per la gioventù, essendo il film uscito in Italia nel 1989: "Working girl", questo il titolo originale, è un caposaldo della commedia cinematografica, un classico di Mike Nichols vincitore di sei Golden Globes e un Oscar per la miglior canzone (quella che stai ascoltando in sottofondo, ma qui c'è l'inizio del film con l'originale). Sinossi brevissima: Tess (Melanie Griffith) è una segretaria con un ottimo fiuto per gli affari ma provenienze sociali e stile che la ingabbiano in un ruolo mortificante. La sua capa (Sigourney Weaver), rampante business woman di una società borsistica, fa quello che fanno a volte quelle come lei: le frega un'idea pazzesca. Cogliendo al volo un'occasione perfetta, Tess le restituirà pan per focaccia, dimostrando a tutti che l'abito aiuta ma decisamente non fa il monaco. Insomma, è una storia di riscatto sociale e personale ambientata a Wall Street e magnificamente ricca: cast supersonico, mood anni '80 tutto cotonature, spalline e orecchini formato astronave, e una serie infinita di citazioni. A proposito, posso offrirti qualcosa? "Caffè, tè, me?" (i capelli di lei, mitologici!).
Ma dicevamo dell'imprinting: Tess ha l'abitudine quasi maniacale di raccogliere articoli di giornale, ritagli e spunti di qualsiasi genere perché, cito a memoria, "non si sa mai da dove può venire un'idea". In una delle scene finali del film, è lei stessa che spiega il percorso che porta dalla pagina strappata di un giornale abbandonato sul traghetto per Staten Island che prende ogni giorno, a un'idea che può fare la differenza. La scena è questa, ma se incredibilmente tu non avessi mai visto il film non cliccare!
La cartella dove Tess raccoglie decine e decine di ritagli è stata, per la me ragazzina, una folgorazione. Come osservare uno scrigno di cose luccicanti pronte a essere indossate. Da allora, io raccolgo e salvo: appunti, cartelle, preferiti, ritagli, e poi link, memo, note.
Lo faccio in continuazione, ogni volta che qualcosa attira la mia attenzione sui più diversi argomenti che mi sembra imprescindibile approfondire, ricordare o mostrare. Non si sa mai cosa può venirne fuori: un collegamento inatteso, un’idea, un ricordo vecchio o un momento nuovo da non dimenticare, un mattoncino in più nel muro dei fatti che voglio capire e fissare per sempre.
Oggi non serve più annegare nei ritagli perché ci sono molte app che ci aiutano a raccogliere gli spunti interessanti che troviamo in rete; una delle più conosciute è Pocket ma io uso Instapaper, un clic veloce e salvo tutto in cartelle. Comodissima!
Oppure, salvo direttamente i link su Trello, che è lo strumento che uso sia al lavoro che per questa newsletter e che serve per pianificare e organizzare attività, idee, progetti e obiettivi: mi ha davvero svoltato la vita. Su youtube ci sono decine di tutorial per imparare a usarlo, te nel lascio uno qui.
C'è solo una cosa per cui non esistono tutorial e che - insieme all'attitudine - è, ahimè, necessaria quando si raccolgono contenuti di ogni genere di cui bisogna curare l'esposizione, l'organizzazione e la valorizzazione: si chiama "farsi un mazzo tanto". Lo dico non per incensare me, che faccio un altro mestiere, ma perché mi auguro che i tempi siano ormai maturi per imparare a distinguere chi si propone sul mercato come comunicatore, creatrice di contenuti, influencer, qualcosa-blogger ecc. ecc. lavorando con intelligenza, perizia e grandissimo impegno e quelli che invece fanno passare il messaggio equivoco che la content curation consista semplicemente nell'affastellare quintali di cose e informazioni senza soluzione di continuità. Ci vuole cura e studio per selezionare, spiegare, coordinare contenuti in un discorso coerente e funzionale. Ma di questo magari parleremo con qualcuno che lo fa professionalmente, se vorrà parlarcene (vuoi parlarmene? scrivimi!).
Puoi anche raccontarmi un tuo imprinting o suggerirmi qualche altro strumento di salvataggio e organizzazione. E se vuoi vedere o rivedere il film lo trovi su Disney + e su Prime Video.
Infine, a proposito di film e di accumulo seriale di ritagli, l’occasione mi è gradita per ricordarmi di riguardare un'altra pietra miliare: io e Nanni abbiamo almeno una cosa in comune.
La stanza degli ospiti
Finalmente, e con grande gioia, apro la mia stanza degli ospiti alla prima storia. Ma prima serve un breve disclaimer, perché questa cosa voglio spiegartela bene. Mi faccio un caffè, prendiamocelo insieme, ti mando un vocale di dieci min velocissimo!
Come ti dicevo nella Controra precedente, le cose ti trovano e i collegamenti spesso si creano da soli. E quindi sono davvero felice di accogliere nella mia prima stanza degli ospiti una persona la cui storia mi ha raggiunta proprio mentre stavo scrivendo di Tess e del suo momento di svolta e quando ancora non ero sicura di come e se questa idea della stanza avrebbe preso forma. Lei è Elena Giorgi, e forse la conosci già per le cose che fa e di cui parla sui suoi canali; oggi parleremo di altro, perché è anche questo che vorrei fare in questo spazio, ma se vuoi conoscerla meglio la trovi qui e qui.
Ciao Elena, benvenuta e grazie per aver accolto il mio invito. Raccontaci la tua storia:
Questa è la storia di una ragazza di campagna che nel 2008 decide di trasferirsi nella grande e scintillante città della moda, del design e dei grandi eventi: Milano. La provincia mi stava stretta, a quasi 34 anni volevo provare l'ebbrezza della grande città, volevo mettermi alla prova e, magari, lavorare a stretto contatto con il mondo dello spettacolo, che per questioni personali (amici, amanti e tanti guai!) frequentavo già. Pareva impossibile per una semplice impiegata in un ente pubblico riuscire a ritagliarsi uno spazio per acquisire una solida professionalità nel competitivo mondo dei grandi eventi milanesi, quelli che finiscono su tutti i giornali e suoi social, e invece una gran botta di culo e un bel po' di studio e abnegazione mi hanno messa sulla strada che volevo percorrere.
Mi sono occupata di grandi eventi a Milano per più di dieci anni, dedicando quasi tutto il mio tempo alla professione, sicuramente felice di farlo ma anche un po' vittima del pensiero "Scegli il lavoro che ami e non lavorerai mai, neanche per un giorno in tutta la tua vita". Ho smesso di farlo e ho chiesto di cambiare ufficio quando mi sono resa conto che la passione non mi sarebbe più bastata per mantenere certi ritmi lavorativi, e che, per quanto amassi la mia professione e le persone con cui lavoravo, il gioco non valeva più la candela. Ho comunque fatto per anni ciò che desideravo e ho poi scelto di dedicarmi ad altro, dando più spazio alla mia vita privata. Ma questa è un'altra storia.
Sono sicura che molte persone, tra chi ci legge, si riconosceranno nelle tue parole: negli ultimi anni questo è stato argomento di tante mie conversazioni fuori e dentro i social. E la Pandemia, al di là delle banalità trite e ritrite sul quiet quitting, ha sicuramente accelerato certi processi. Io stessa sono in grossa crisi e ho scelto di dedicarmi a questo progetto per impegnarmi in qualcosa per cui valesse la pena faticare. Ma raccontami qual è stato il tuo momento di svolta.
Abitavo a Ravenna ma, da grande appassionata di musica e in particolare di jazz, frequentavo Milano e i suoi locali, tanto che facevo avanti e indietro almeno un paio di volte a settimana per assistere a concerti e spettacoli. Una notte di giugno ero in macchina con un amico e vagavamo per Milano dopo una serata in un club, ascoltando "Sotto il quadro di Chaplin", amatissimo brano di Carlo Fava. Quell'amico mi disse "Se ti piace questa vita, dovresti trasferirti qui" e così è stato.
Ho cercato subito il brano perché non lo conoscevo, lo metto qui!
C'è qualcuno che senti di dover ringraziare per il cambiamento che hai imposto alla tua vita?
Pierdonato Vercellone - ex marketing manager di Nike, ai tempi a capo della Comunicazione del Comune di Milano e oggi di quella del Milan - che nel 2009 mi incontrò a una noiosa riunione di lavoro ed ebbe l'intuizione che mi avrebbe poi dato l'opportunità che cercavo: vide la mia capacità di risolvere problemi e visto che stava mettendo in piedi la squadra che si sarebbe occupata dei grandi eventi mi propose di lavorare con lui. Non solo un grande professionista ma una persona splendida, con un cuore enorme e un cervello creativo inesauribile.
Se avrà modo di leggere le tue parole ne sarà certamente felice. La riconoscenza è merce sempre più rara a questo mondo. E invece: qualcuno che proprio NON devi ringraziare?
Tutti quelli che mi hanno detto "Non sei laureata, questa cosa non la puoi fare".
Ahahah, ma certo, salutiamo caramente chi ancora pensa che un dott. davanti al nome sia garanzia di capacità! Se dovessi scegliere un oggetto o un posto o una canzone, insomma qualsiasi cosa che simboleggi la tua storia?
Ho contribuito a organizzare talmente tanti eventi in Piazza Duomo che per molto tempo l'ho considerata casa mia. Tra le tante cose che ho vissuto lì, anche un Capodanno in cui a mezzanotte sono salita sul palco a cantare con tutto lo staff e gli artisti, davanti a 20.000 persone.
Nonostante tu sia priva di laurea? Incredibile! :)
Io ti ringrazio moltissimo per avere accettato il mio invito e ti faccio un'ultima domanda: che consiglio daresti a chi si trovasse nella stessa situazione che hai vissuto tu?
Io ci ho provato e ce l'ho fatta, ma ho sempre ammesso che se non mi fossi trovata nel posto giusto con le persone giuste nel momento giusto, probabilmente non ci sarei riuscita. Certo, ho avuto il coraggio (l'incoscienza, col senno di poi di fronte ai costi di Milano!) di trasferirmi, di buttarmi, di iniziare una nuova vita, ma la mia determinazione e il mio talento non sarebbero bastati a darmi il lavoro che volevo. Ho avuto la fortuna di incontrare una persona illuminata, che ha visto in me ciò che altri non volevano vedere. Ci hanno sempre fatto credere che "volere è potere" e che se non otteniamo ciò che vogliamo è perché non ci siamo impegnate abbastanza, ma non è così, quindi non bisogna colpevolizzarsi se le cose vanno diversamente. Non basta l'impegno, servono le opportunità.
PAROLE SANTE, sulle quali si potrebbe scrivere una newsletter a parte! Grazie Elena, torna quando vuoi, magari approfondiamo...
Cose da cliccare, guardare, gustare, salvare
Recentemente ho letto Il segugio di Tana French, una scrittrice di origine irlandese vincitrice di vari premi nell’ambito della letteratura di genere, come il famoso Edgar Allan Poe Awards. Il romanzo si discosta un po’ dalle sue storie consuete e mi è piaciuto moltissimo, anche perché l’ambientazione irlandese è già una protagonista dal fascino indubbio, anzi direi "la protagonista" principale, molto più, a mio avviso, del disilluso ex poliziotto di Chicago Cal Hooper, che sceglie un cottage in una piccola cittadina per trascorrere la pensione (indovina, non sarà tranquilla come sperava). Ti consiglio questa lettura se vuoi sfuggire al caldo imminente: troverai un rifugio umido di pioggia e spazzato dal vento dell'aspra natura isolana. Leggo la French dai tempi della serie della “squadra di Dublino”: sono sei romanzi imperdibili se ami il genere thriller/poliziesco dalla trama perfetta e dalla psicologia dei personaggi cesellata con finezza. Per puro caso, tempo fa, ho scoperto che esiste una serie tv tratta dai primi due libri della serie, Nel bosco e La somiglianza. Si intitola chiama Dublin Murders, e la trovi su Prime Video. Non è priva di difetti, ma le atmosfere piovigginose, gli ambienti deprimenti e le tematiche sono veri e propri classici del crime british. Sono poche puntate per un binge watching perfetto, soprattutto se hai visto e hai nostalgia di Broadchurch (capolavoro? capolavoro).
A proposito di libri, io vorrei questo
E vorrei anche essere molto ricca per girare il mondo visitando posti come questo
Poi, chiaramente, vorrei un vestito così da sfoggiare durante la consegna a me medesima del premio “Miglior newsletter che non serviva a nessuno se non all’autrice”.
Ma, soprattutto, vorrei costruire questa, spero non sia troppo presto per iniziare a stendere la wishlist di Natale. Dai qui al prossimo, spero peraltro di essere riuscita a buttare giù qualche chilo. Può aiutare fare delle passeggiate, purché chiaramente non accada questo:
A proposito, forse non sai che su Spotify c'è un'utilissima e bellissima e ricchissima playlist realizzata insieme alle persone che mi seguono su instagram, che hanno scelto con me le canzoni migliori per camminare canticchiando. Puoi contribuire, se ti va, è sempre in aggiornamento.
E infine, lo screenshot di oggi, che mi serve per due motivi: Primo: ringraziare tutte le persone che hanno fatto una donazione su ko-fi, non me l'aspettavo e apprezzo davvero tantissimo. Grazie ai "caffè schiumati" ricevuti, ho sottoscritto l'abbonamento a Review, il magazine mensile de Il Foglio, diretto da Annalena Benini. Sono certa che ci troverò tantissimi spunti da condividere con te. Come, per esempio, questo (secondo motivo): si parla della serie Fabelman ma anche un po' di cosa c'è dietro Controra.
Ti saluto e ti ringrazio per avere letto fino alla fine! Mi dicono dalla regia che la lunghezza di Controra potrebbe non essere apprezzata da tutti; io l'ho pensata proprio con lo scopo di suggerirti tanti spunti da leggere quando vuoi, ma sarebbe ovviamente utile sapere cosa ne pensi (spero proprio che concorderai su questa impostazione perché per me è una sorta di terapia e costa molto meno dell’analista. Ma insomma, fammi sapere).
Alla prossima!
Come mi piace questo incrocio di flussi tra le nostre newsletter!
L’immagine della cartella di Tess/scrigno da cui attingere è bellissima. 💕