Controra #4 - la newsletter con la FFP2 sempre con sé 😷
Controra #4
E rieccoci qua, dopo due settimane che sono sembrate cinquanta. Il '900 continua a morire insieme a molti suoi protagonisti, in un turbine di eventi da comprendere e metabolizzare che mi lascia sopraffatta. Mi sembra che la fatica prevalente di questo periodo sia trovare la quadra di tante cose, riuscire a incasellare il nostro vissuto, personale e politico, in uno spazio che abbia una logica, perché certe scomparse ti costringono anche a dei bilanci, che si sommano a quelli che fai sempre più spesso quando superi i 50.
Mentre i cavalli di razza e i talenti puri se ne vanno, esiste qualche degno successore capace di durare nel tempo? In cosa abbiamo creduto? Che senso hanno i valori e le idee e certe sbandierate coerenze se poi la storia si riscrive come le pare e come messa in scena e sembra che stiamo sempre fermi allo stesso punto?
Diteci cosa dobbiamo fare per illuderci che le nostre scelte siano giuste (e che servano a qualcosa!), che qualcuno se ne farà carico prima o poi, che sapremo convivere con le oscenità di questo mondo senza che ci renda cattivi (grazie Zerocalcare), perché sembra che dal passato non impariamo un bel niente. Per esempio: te la ricordi la Pandemia? Io sì, e oggi parliamo anche di questo.
Prendi un Maalox e cominciamo.
4 Chiacchiere (per fare la quali non serve l'autocertificazione)
Sottofondo del '900 a ricordarmi che, tutto sommato, "sono viva e sono (ancora) qui".
Solito disclaimer necessario (oltre al fatto che uso i generi come capita, nel numero zero ho spiegato perché): qui non si fanno analisi socio-politiche e non si scrivono saggi de Il Mulino, ma si fissano delle riflessioni per mettere ordine nei pensieri e provare a trovare un senso alle cose che mi frullano in testa. È chiaro, quindi, che quest'ordine dovevo metterlo anche a proposito del Covid (del? della? io dico del, perdonami, d'altra parte abbiamo sdoganato il "piuttosto che", quindi). Non starò qui a toccare neanche lontanamente il tema delle perdite umane: molti di noi hanno parenti e amici che sono stati portati via e non sono tornati più, che abbiamo perso senza nemmeno il conforto di un addio e di un abbraccio, e se sai di cosa parlo non dobbiamo dirci nulla. Se non che non abbiamo dimenticato come sono morti, non abbiamo perdonato chi poteva fare e non ha fatto e soprattutto non smetteremo mai di maledire chi ha minimizzato o si sta impegnando per farci trovare imperdonabilmente impreparati anche al prossimo giro.
Trovo sempre molto utile andare a ravanare nell'archivio delle storie di Instagram per vedere cosa scrivevo in quei lunghi mesi (a condizione di ignorare che il viso nello schermo e quello nello specchio non coincidono più). Perché ti ricordi cosa si diceva, no? Ne usciremo migliori! Ce lo ripetevamo in continuazione, come argine psicologico alle follie che vedevamo accadere ogni giorno, di cui ti metto qui qualche esempio emblematico: il delirio delle scuole (dai banchi a rotelle e oltre), i monologhi di Arcuri, i DPCM e le FAQ (!!!), le regole per le passeggiate in campagna ma con la mascherina e quelle non rispettate, il circo equestre sui congiunti.
Dio benedica i meme.
Insomma, la situazione era questa.
Non benissimo.
E poi è arrivata la FASE 2, te lo ricordi? Io sognavo di denunciare su Facebook parrucchieri e estetiste piangenti miseria che lavoravano da mesi in nero nelle case di gente che figuriamoci se rinunciava a pieghe e cerette mentre la gente crepava male, io disinfettavo la spesa e non vedevo la mia famiglia da mesi. Nel frattempo, uscivano i primi studi sugli effetti della privatizzazione dei servizi sanitari, e i doverosi bilanci, tipo questo:
Ma certamente.
Sappiamo come sta andando a finire: lo smantellamento della sanità pubblica prosegue spedito, con un occhio di riguardo particolare per quelli che hanno sofferto di più. Non so se vuoi approfondire ulteriormente, in caso ascolta qui, poi leggiti le raccomandazioni del Parlamento Europeo e poi fatti una bella risata, perché indovina quale ramo del PNRR rischia di essere tagliato? Quello della sanità territoriale, che già sta messa così (te l'avevo detto che ti serviva il Maalox).
Chiaramente, oggi si riflette anche tanto sull'enorme impatto della pandemia sul mondo del lavoro: stendendo un velo pietoso sul fallimento dello smart-working, ennesima occasione persa a cui dedicherò una nl apposita perché c'è molto da dire, ci sono comunque moltissime professioni, nuove e semi-nuove, che hanno ricevuto una spinta importante, soprattutto in campo tecnologico. Se ti interessano le previsioni per il futuro, puoi iniziare da qui.
Torniamo a quei mesi; poiché dovevamo trovare qualcosa che ci salvasse dall'esaurimento nervoso, ognuna di noi si è arrangiata come poteva: chi si è lanciata nella panificazione, chi ha fatto un corso di lingue, chi ha imparato l'uncinetto. Ma facciamo un applauso al genio vero, che è lei: la smile coach.
Da parte mia, niente di così remunerativo; alternavo incazzature epiche sui social alla ricerca di cose per distrarmi un po', come mio solito, tipo le foto vintage su altri mascheramenti:
Poi cercavo, come sempre, nuove storie, come quelle raccontate in questa favolosa newsletter, tutta sul lasciarsi. E riscoprivo, quando si poteva uscire, la bellezza di stupirsi di tanti piccoli dettagli colpevolmente ignorati quando le passeggiate erano ancora qualcosa di scontato. Ma l'attività a cui mi sono dedicata con più successo è stato un gigantesco lavoro di "sottrazione" e pulizia mentale: igiene sui social, eliminando dal mio orizzonte quintali di chiacchiere/polemiche/inutilità tossiche (come ho spiegato meglio qui) e abitudine all'ascolto interno, che ancora oggi sto imparando a fare come si deve attraverso la pratica dello yoga. Per me, era fondamentale avere un impegno quotidiano che mi aiutasse a fare un po' di attività fisica compatibilmente con la mia patologia cronica, l'emicrania, che purtroppo non mi permette di allenarmi come si deve, perché l'aumento eccessivo del battito cardiaco e della pressione intra-cranica è uno dei trigger di questa malattia (ne riparleremo); contemporaneamente avevo bisogno di uno spazio mentale di ristoro e recupero, dove sentirmi ancora libera in qualche maniera, senza costrizioni e paure, padrona del mio respiro, del mio corpo e della mia energia vitale (drenata anche dalla scoperta di insospettabili no-vax nella cerchia degli amici). All'epoca, ovviamente, lo praticavo usando una app (ottima, te la consiglio), adesso continuo anche con lezioni in presenza e con una motivazione in più, perché nel frattempo è arrivata anche la menopausa e lo yoga è molto utile se sei diversamente giovane. Faccio ancora un po' fatica a ingranare con il momento della meditazione, perché ho sempre il cervello a mille, impegnato in una pianificazione continua e nella sovrapposizione di pensieri, ansie e rimuginamenti che spaziano da fatti del 1987 a mio figlio che inizia a uscire la sera da solo, ma ce la metto tutta, perché quelle rare volte che riesci davvero a "staccare" la mente dal presente e da tutto quello che è successo, è pura beatitudine (qui, qualche consiglio se vuoi approcciarti alla materia). In conclusione, possiamo fare poco di fronte allo scoramento per non esserne usciti affatto migliori, ma se c'è una cosa che ho imparato negli ultimi anni è che la salvezza è sempre nelle piccole cose: un aperitivo improvvisato sul tappeto del salotto, passeggiare con un'amica, rivedere un vecchio film e mai e poi mai andare a letto senza aver fatto una sana beauty routine. Niente come quei cinque minuti fa bene alla pelle e placa il nostro Armadillo interiore, sempre pronto a cazziarci perché non abbiamo fatto il nostro dovere.
La stanza degli ospiti
Sono davvero contenta di poter finalmente ricambiare l'invito di Federica Osti, un’amica che forse conosci già. L’anno scorso ho avuto l’enorme piacere di partecipare all’inaugurazione del suo spazio a Faenza, che si chiama “Amor proprio” non a caso, perché l’approccio alla dermatologia di Federica parte da una idea di supporto multidisciplinare alla presa in cura, con un’attenzione particolare alla sfera emotiva. Le belle foto che vedi qui sotto sono di Claudia Camillo.
Ciao Fede, benvenuta, raccontaci la tua storia.
Nasco in una piccola città del basso Veneto, figlia unica di genitori professionisti molto conosciuti, di cui ora, a 45 anni, mi rendo conto di avere tantissimo nel mio carattere. Mamma psicologa, una grande ascoltatrice, molto impegnata nel sociale soprattutto sulla condizione femminile, e papà chimico, docente, molto impegnato nella politica locale nonché team leader e eccellente comunicatore. Fin da piccola mi hanno spronata a studiare, a scoprire, a viaggiare, a conoscere la musica e a praticare attività all’aperto e in squadra.
Da piccola non lo avevo molto capito che stavano facendo tutto questo per me, e per decenni mi sono incasellata in quella che i Tlon chiamano “la sindrome della brava bambina”. E così da quella città me ne sono scappata. Mi sono iscritta a Medicina, che era il mio grande sogno da bambina (avevo 6 anni quando ho dichiarato che volevo fare la pediatra, ma poi lo sappiamo com’è andata a finire!). Laurea, Specializzazione in Dermatologia, Master in Dermochirurgia, contratto nel SSN a tempo indeterminato a 28 anni. Fatto. Fatto. Fatto. Fatto.“E adesso?” mi sono detta, non sapendo rispondermi. E così ecco la prima delle tante svolte della mia (brevissima eh!) vita.
Raccontacele.
Ritorno all’ovile (non si torna sempre all’ovile quando si è in crisi? io lo faccio) e torno alle parole di mia mamma: “ tu non sai studiare a memoria, tu le cose le devi capire e fare tue per poi raccontarle in parole semplici”. La mia forma mentis di medico mi ha sempre imposto di prepararmi per bene prima di fare le cose e fu così che mi iscrissi al Master di Giornalismo e Comunicazione Istituzionale della Scienza e diventai la prima dermatologa italiana a fare video sul web per raccontare le malattie della pelle alle persone che ne soffrivano. Era il 2012. Un altro momento di svolta è stato l’arrivo del successo. Dopo 8 anni di video, quasi 100k followers su IG, la costruzione di una s.r.l., la scrittura e registrazione di un podcast, la scrittura di 2 libri con grandi case editrici, è arrivato il burnout. Lavoravo 38 ore alla settimana in SSN come medico specialista ambulatoriale, ne dedicavo almeno altre 6 al giorno alla scrittura e alla realizzazione dei video e post social, avevo cominciato ad insegnare all'Università di Ferrara, ero diventata Segretaria della seconda più importante Società Scientifica Dermatologica in Italia e nel frattempo avevo anche conseguito il terzo Master universitario in Coordinamento dei Servizi Sanitari territoriali e avevo un incarico da dirigente nella mia ASL. Era il 2020, e sappiamo bene che cosa ha significato per tutti noi.
A proposito di eventi catastrofici, a questo punto non posso non chiederti come vanno le cose dalle tue parti dopo l’alluvione. Per fortuna “Amor proprio” ne è uscito indenne, ma ti ho seguito con molta apprensione e partecipazione nelle settimane successive, quando insieme a tantissime altre persone sei stata impegnata a spalare fango.
Ah beh, di eventi catastrofici ne ho una collezione: ero a Ferrara durante il terremoto del 2012 che ha devastato tante città emiliane, poi la pandemia che non ha risparmiato alcuni della mia famiglia, e ora l’alluvione della Romagna. Che sia io a portare sfortuna :) ?
A parte gli scherzi, sono situazioni difficili che trasformano le persone e le loro vite, che ti fanno capire cosa e chi conta davvero, cosa vuoi veramente dalla tua vita. Stiamo elaborando tutti insieme questa tragedia, ed è questo il grande insegnamento che ho appreso dai miei concittadini, che le cose belle si vivono insieme, ma anche quelle brutte. La città sta tentando di riprendersi anche con il grandissimo aiuto di tutti i volontari che sono arrivati da tutta Italia e dalle donazioni. Ti rubo due righe per ringraziare tutti dal profondo del cuore.
Ne approfitto per ricordare a chi legge che sul tuo profilo instagram, hai raggruppato nelle storie in evidenza molti suggerimenti su come supportare chi è stato colpito dall'alluvione. Torniamo alle domande: c’è qualcuno che vuoi ringraziare, ripensando al tuo percorso?
Sono tantissime le persone che devo ringraziare, ogni persona che ho incontrato nel mio percorso mi ha insegnato tanto, anche dandomi delle randellate sui denti e facendomi molto soffrire. Devo ringraziare i miei genitori, per avermi dato delle basi forti, dei valori su cui poggia tutto il mio essere, per avermi sempre lasciata libera e per avermi sempre accolta tutte le volte che tornavo con la coda tra le gambe. Devo ringraziare mio marito, per aver avuto fiducia in qualcosa che non ha un corpo, che si chiama Amore, e che passa attraverso sorrisi e musi lunghi, distanze e abbracci, passioni e paure, cadute e rialzate, litigate e sussurri, differenze e similitudini. Per aver preso per mano una ragazzina piena di passioni e di speranze e aver tenuto quella mano in tutte le mie evoluzioni fino alla donna realista e tollerante che sono ora. Devo ringraziare ogni singola persona che ha deciso di affidarsi alle mie cure e che ha cliccato quel pulsantino “segui” senza nemmeno conoscermi. Ognuna di queste persone mi ha fatto il grandissimo dono della fiducia, e così ha messo un mattoncino nella yellow brick road che è la mia vita.
E invece qualcuno che non devi ringraziare?
Come scrivo qui sopra, anche chi mi ha fatto molto soffrire, chi mi ha messo i bastoni tra le ruote, chi mi ha criticata aspramente, chi ha messo davanti la mia immagine e la mia fisicità alla mia professionalità, chi mi ha ignorata, mi ha insegnato tanto, mi ha permesso di mettermi in discussione e mi ha portata a meditare sui miei passi. Devo ringraziare ognuno di loro.
Io lo so già, ma te lo chiedo lo stesso fingendo di no :) Hai un oggetto o un posto o una canzone o una foto, insomma una cosa che simboleggia la tua storia?
Il mio tatuaggio sul polso destro. Amor Proprio. E’ composto da due parti. La scritta Amor Proprio con la calligrafia di mio marito è il mio primo tatuaggio in assoluto. Era un monito per quella “brava bambina”, una sorta di “ricordati che tu vieni prima di tutto”. Spoiler…completamente disatteso! Non ho mai messo me stessa prima di tutto, non ho mai creduto che quella me stessa valesse qualcosa se non per servire gli altri. 10 anni dopo quell’amor proprio si è finalmente concretizzato, passando per difficoltà e perdite della vita, sono finalmente riuscita a tornare a me stessa e ora sono pronta ad essere per me mentre sono per gli altri. E’ così che nasce la seconda parte del tatuaggio, che è anche il mio marchio registrato. La mia mano che accoglie la mano della persona che si affida a me e, da questa unione, nascono i fiori. Qualcuno mi ha detto che avrei dovuto togliere con il laser il primo tatuaggio, ormai sbiadito. Ma non lo farò mai, questo è il simbolo della mia evoluzione, e l’evoluzione è la vita.
Prossimo tatuaggio: “evoluzione”! Finisco, come sempre, chiedendoti un consiglio per chi si trovasse in una situazione simile alla tua.
Conosci te stess* prima di andare incontro agli altri. Esplorati e trova il modo di provare benevolenza di quelli che ora chiami “difetti”. Non credere che gli altri stiano meglio di te, ognuno ha la sua battaglia in atto, quindi chiama “un* brav*” che ti aiuti a scoprirti. La psicoterapia non è mai tempo perso.
Cose da cliccare, guardare, gustare, salvare
Il Santo Patrono di Controra e una che avrebbe meritato qualche statuetta in più.
chi ha decisamente sfruttato il lockdown in maniera egregia è Ethan Hawke, autore della docu-serie The Last Movie Stars. Su richiesta della figlia di Paul Newman, ha realizzato un documentario partendo da alcune interviste a amici e colleghi registrate su cassette, che lo stesso Newman aveva raccolto negli anni e poi, non si sa bene perché, deciso di bruciare (ma se guarderai il doc, un'idea secondo me potrai fartela). Per fortuna esistevano le trascrizioni, che Hawke ha riordinato, alternandole a spezzoni di film e video dell'epoca e facendole "recitare" da alcuni interpreti d'eccezione (da George Clooney a Vincent D'Onofrio). Il risultato è sorprendente e emozionante, anche per l'utilizzo della piattaforma zoom che dona a letture e testimonianze una dimensione di potente sincerità. È un racconto strepitoso sul grande cinema di Hollywood, i suoi riti, i suoi protagonisti, i dietro le quinte di un periodo magico, strepitosamente glamour e probabilmente irripetibile. E poi, ovviamente, è la storia di un solidalizio di vita e lavoro incredibilmente prolifico, iniziato negli anni '50 e durato fino alla morte di Newman nel 2008. È impossibile riassumere qui la ricchezza delle riflessioni e delle scoperte e riscoperte che si avvicendano nei sei episodi: le insicurezze di Newman (c'entrano, come spesso accade, una madre ingombrante e la sua strepitosa bellezza), la sua dipendenza dall'alcol, l'impegno politico e civile di entrambi, le difficoltà di Woodward di conciliare carriera e maternità, e poi, ovviamente, il sacro fuoco della recitazione. Quanto grande cinema, quanta umanità e quanto incredibile talento riscoprirai in questa carrellata di immagini indimenticabili! E prepara i fazzoletti, perché la commozione sarà tanta e ti colpirà a tradimento.
storiella divertente: nel 2005 Peter May, influenzato dalle ultime ricerche degli scienziati su future epidemie mondiali di aviaria, inizia a fare ricerche, approfondendo l’argomento già studiato per scrivere della febbre spagnola in un precedente romanzo. In sei settimane di isolamento e insonnia scrive un romanzo ambientato in una Londra epicentro di una devastante Pandemia, completamente isolata e spettrale. Nessun editore accetta le bozze, ritenendo i fatti narrati, il lockdown, le quarantene e le strade deserte, assolutamente inverosimili. Di nuovo: sappiamo com’è andata a finire. Se ti piace esorcizzare il brutto con il simile, non fartelo scappare (c'è anche un delitto da risolvere, libro perfetto per i primi fine settimana fuori città).
altra storia su Covid e dirigenti poco lungimiranti è quella legata a questo podcast (qui la versione in inglese) che ho scoperto grazie a "Questioni d'orecchio", una delle mie fonti indispensabili di notizie su podcast e dintorni. Ti lascio qui la versione lunga, talmente intricata e incredibile che merita una lettura approfondita. Caso 63 è stata la serie audio più ascoltata del 2022 nonché la prima produzione originale Spotify non in inglese adattata in diverse lingue. Ti dico solo che oltre alla trama, tra linee temporali diverse e epidemie di Covid da sventare, la storia incredibile è proprio quella dell'autore, anche lui rimbalzato con grosse risate da una casa di produzione a cui, nel 2019, aveva proposto un thriller su una probabile pandemia.
ringraziando il cielo, c'è anche qualcuno che dalle tragedie ricava fondamentali insegnamenti per il futuro. Qui c'è la storia di Lucy Easthope, esperta e consulente in pianificazione delle emergenze: una lettura affascinante (soprattutto se sei una di quelle persone, tipo me, che pianificano quasi ogni cosa nel vano tentativo di fregare la sorte, come ti dicevo anche prima). A proposito:
È un caso che mi sia comparsa questa scritta durante un noiosissimo corso di formazione? Direi DI NO.
un balletto post-lockdown, per distrarci un po'
e, ispirata dalle ortensie che vedo dalla finestra mentre scrivo questa newsletter, miracolosamente ricresciute quando non ci speravo più (chissà, magari sono un segno che quelli che abbiamo perso in questi anni sono ancora con noi), un florilegio su scrittori e giardinaggio.
Infine, lo screenshot di oggi, su una cosa - anch'essa certamente non per caso - comparsami davanti agli occhi mentre pensavo al vero grande mistero mai svelato su Covid e dintorni: perché diamine si ostinavano a propinarci i bollettini il lunedì, se dovevano SEMPRE specificare: "casi in calo ma ricordatevi che non sono conteggiati i tamponi del fine settimana." Qualcosa di incomprensibile e che mi faceva uscire pazza, un po' come quest'altra pantomima:
Sto googlando per verificare se mai nella storia sono uscite materie diverse da queste.
Volevo però lasciarti con qualcosa di meglio, ritornando ai giganti del 900 che ci lasciano in questa valle di lacrime, tristi ma con il perfetto epitaffio per quando toccherà a noi:
“Se potessi, cavalcherei senza mai voltarmi. Andrei avanti fino a trovare un posto in cui non ci fosse traccia di nessun giorno della mia vita. Anche se mi toccasse voltarmi indietro e ripercorrere metro per metro tutto il cammino fatto. E poi ripartirei e andrei ancora più avanti.”
Cormack McCarthy, Città della pianura
(la foto è di Kameron Kincade, presa su Unsplash)
E per stavolta mi pare tutto sufficiente, non so ancora se ci rileggeremo prima delle vacanze, forse sì, forse no, chi può dirlo, l'importante è la salute. Abbracci!