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In questo spazio troverai racconti di vite che hanno cambiato direzione, di idee e piani che, a un certo punto, hanno preso una forma diversa. Qui si rifugge la retorica del se vuoi puoi, perché la vita è questione di scelte ma anche di 🍑. Vuoi raccontarmi la tua storia? Scrivimi!
Oggi ospito un’amica di cui ti ho parlato nella Controra natalizia e che ero certa avrebbe condiviso con noi un racconto ricchissimo di vita, suggestioni e stimoli. Alessandra Gennaro la trovi su questo profilo imperdibile e, soprattutto, è l’anima del progetto WebinARTE. Ho scelto la sua storia perché è il controcanto perfetto ai tanti dubbi esistenziali su cui spesso rimugino, e penso possa essere di conforto per chi non vuole rinunciare a coltivare la speranza di un cambiamento ma teme che sia troppo tardi. Anche io, come Alessandra, ho voluto costruire qualcosa di mio dopo i 50 anni e, a prescindere dai risultati, ne sono felice. “Express Yourself!”, come diceva un’altra over.
Ciao Alessandra, benvenuta, raccontaci la tua storia.
Sono nata a Genova, quasi 58 anni fa e, a dispetto della vita errabonda, resto Genovese fino al midollo; anzi, invecchiando ho trasformato in pregi quelli che per il resto del mondo son difetti - l'essere un po' "selvatica", su tutti - guadagnandoci finora in salute, perché sulla famosa parsimonia ci dobbiamo ancora lavorare.
A Genova sono rimasta, ufficialmente, quasi fino ai miei primi 50 anni, visto che il trasferimento a Singapore e l'inizio dell'ennesimo nuovo capitolo della mia vita è avvenuto proprio in prossimità del mio 49esimo compleanno. Ufficiosamente, ho sempre girato come una trottola, anche a causa di un percorso professionale un po' tortuoso che mi ha portata a lasciare il posto fisso poco dopo i trent'anni per avventurarmi in una nuova carriera, quella di Giudice ecclesiastico. In mezzo, ci sono state tante strade parallele, sia nella vita privata che in quella professionale, alcune imposte (essere la "prima donna" in un mondo non solo tutto maschile, ma anche prevalentemente formato da religiosi- e per giunta la prima donna single mum, con una bambina e senza un marito - non è stato proprio come bere un bicchier d'acqua, diciamo così), altre intraprese per scelta o per distrazione. Il risultato sono state giornate piene - di persone, di obiettivi, di sorprese belle e brutte - in una vita all'insegna della sfiDa (con la D, anche se la sua quasi omonima le ha conteso il primato, più di una volta). A 38 anni, sono diventata Giudice Ecclesiastico. Non credo ci fossero altre donne oltre a me, in quegli anni (ti direi che ne sono sicura, visto che l'argomento era assolutamente tabù: non ti dico che mi nascondessero nell'archivio, quando arrivavano le alte sfere in visita, ma poco ci mancava) e comunque si trattava di un traguardo importante, di quelli che vanno festeggiati. Di brindisi ne abbiamo fatti tanti e se ho un ricordo netto, di quei giorni, era che nella mia testa prendeva forma un pensiero spaventoso e cioè che arrivare a 38 anni a fine carriera, per me, non era tanto una soddisfazione, quanto una iattura.
E difatti, 10 anni dopo ho di nuovo mollato tutto, per ripartire, per un'altra avventura. Alzando l'asticella, ovviamente, perché i 17 anni in Tribunale sono stati il periodo più bello della mia vita: è stato quello in cui, finalmente, dopo le fondamenta si iniziava a vedere qualcosa e – soprattutto - qualcosa che mi piaceva. Una bella famiglia, una bella casa, un ambiente di lavoro stimolante, tantissimi amici e via dicendo.
Le soddisfazioni erano tante e tante se ne annunciavano, all'orizzonte: ci voleva qualcosa di più importante, per rinunciare di colpo a tutto quanto e non c'era nulla, sottomano, che neppure facesse presagire quello che poi sarebbe successo.
Sento che sta per arrivare il punto di svolta…
Era il tarlo del famoso brindisi, che sotto sotto rodeva, ormai da 10 anni. E così, quando ho accompagnato mio marito a un congresso a Singapore e gli è stato proposto di lavorare lì, non ho avuto esitazioni. Quella era l'altra svolta e pazienza se avrei dovuto rinunciare a tutto: ero pronta a ricominciare daccapo. Ora, qui ci starebbe bene un finale tutto rosa, con tanto di piscina di Paperon de' Paperoni per la beauty routine. Invece, dal mio punto di vista, è stato quasi tutto un disastro. Il quasi è legato a quello che è rimasto, di questi anni horribiles, in cui ho accumulato errori su errori, ho visto sfasciarsi edifici che credevo solidissimi, ho tentato di costruir su macerie e mantenermi pure viva, visto che in mezzo c'è stata pure la pandemia (e in Asia, parliamone).
E se proprio devo trovare un punto di svolta, in questa vita a zig zag, lo metto qui: in questa full immersion in un mondo reale da cui, fortunosamente, fino ad allora ero riuscita a difendermi. Perché un conto è crescerci, impari a mettere paletti, giorno dopo giorno e nel mentre hai il tempo per rialzarti, leccarti le ferite, prendere meglio la mira. Un altro è sprofondarci, senza paracadute, come ho fatto io. Ne sono uscita "selvatica", cauta, impaurita. Oltre che a pezzi, naturalmente, nella convinzione che ormai sarebbe stato troppo tardi per tutto.
E invece…
Per fortuna, dal naufragio si era salvato il mio rifugio: le persone importanti c'erano tutte, le mie passioni rimanevano intatte, avrei avuto abbastanza di che riempirmi le giornate. E invece, è arrivata Londra. "Stavolta, faccio la moglie", ho detto a chiunque mi chiedesse dei nuovi progetti. Non volevo conoscere nessuno, parlare con nessuno, metter su alcunché. Quello che avevo, bastava e avanzava e anzi, il mio impegno era semmai preservarlo da tutto il fango che - ne ero certa - avrei trovato anche questa volta. Dopo tre giorni, mentre eravamo ancora alla ricerca di una casa, con tutte le nostre cose ammassate in un container, alla fine di un lock down che aveva aggiunto paure su paure, passo davanti a una libreria in cui cercano volontari. E faccio domanda.
Ci vogliono referenze, ci vuole un mese di prova, ci vuole un coraggio che non ho - e non c'è stato giorno in cui non mi sia detta "lascia perdere". Oggi, la mia capa lo racconta a tutti, che mi aveva preso per una persona di poche parole, ai tempi. Ma davvero, mi ero imposta di dire solo Si e No, nel terrore che una parola di troppo potesse riaprire la diga dei fallimenti e delle frustrazioni. Ogni volta che mi dicevo che questo era un posto diverso - migliore-, che queste persone erano differenti – migliori - innescavo immediatamente la retromarcia del "taci e fai il tuo". Fin quando non è arrivato il momento di dover fare un po' di più, per una emergenza, e poi ancora un po' di più, perché c'era di nuovo il piacere di farlo. E qui sì, che c' è un finale tutto londinese, come se fossimo in un film: perché nel giro di pochi mesi, mi è stato offerto di trasformare in un vero lavoro (e pure di responsabilità) la mia esperienza di volontaria.
Qui c' è il contratto, qui c'è la penna: devi solo mettere una firma. Non l'ho messa, per tanti motivi (non ultimi, gli impegni familiari. La vita da expat impone che uno dei due abbia un lavoro flessibile): ma son tornata a casa camminando a un metro da terra. Avevo 56 anni, mi consideravo pronta per la rottamazione e invece ecco che qualcuno mi diceva che potevano esserci altre possibilità. E cosi, ho trovato il coraggio di tirar fuori dal cassetto il sogno di tutta una vita: che non era insegnare, non era fare il giudice, non era neppure fare la libraia, bensì creare uno spazio per un tempo libero "buono", di qualità, come si direbbe oggi, ma di una qualità fatta a misura della sottoscritta - cioè piena di libri, di viaggi, di chiacchiere "colte", ma di una cultura che fa rima con disinvoltura, ecco, che "leggerezza" è termine troppo abusato da chi, oltretutto, la intende spesso nel modo opposto. Son partita su Instagram, invitando chi avesse voluto ad una chiacchierata sulla storia dell'arte (passione coltivata da una vita), su una di queste piattaforme virtuali e la prima volta c'erano 23 persone. E mi sembravano tantissime. La volta dopo erano il doppio ma, quello che più conta, è che con ciascuna c'era una sintonia di vecchia data, come se ci conoscessimo da sempre. Quando ci siamo finalmente incontrati, quasi un anno dopo, è stato come a un raduno di compagni di scuola e lì è nata la decisione di trasformare WebinARTE in un lavoro vero. La data di nascita è il I gennaio del 2023, oggi siamo 475 soci che si incontrano periodicamente, nei tanti viaggi che organizziamo oppure anche solo virtualmente, nelle chiacchierate sul web. Io studio come una dannata, lavoro 20 ore al giorno, mio marito e mia figlia hanno ripreso a scambiarsi sguardi di commiserazione che però sottintendono che tutto è tornato alla a-normalità e quindi, vivaddio, va bene.
Sto immaginando una bella musica da film come degno tappeto sonoro al tuo bellissimo racconto…c’è qualcuno che oggi senti di voler ringraziare?
La lista è infinita e spero che le persone a cui sono grata lo sappiano, visto che da qualche tempo cerco di ricordarmi di ringraziare sempre. In privato, nei messaggi, anche e soprattutto nel quotidiano. "Grazie" e "scusa" sono le parole che ricorrono di più, nei miei WhatsApp - ma i "grazie" li scrivo e li dico con più gioia. Se però devo proprio scegliere, pesco nella lista delle persone a cui non posso più dirlo, questo benedetto grazie: mio padre che, fra le tante, mi ha insegnato a non perdere mai la dignità. Era un uomo eccezionale, uno che non mollava mai, un vero leader, capace di aggregare e di motivare come nessuno. L'altro giorno, è spuntata una sua foto sui social e i colleghi della libreria a cui l'ho mostrata hanno commentato che somigliava a George Clooney: possibilissimo, perché era pure un gran figo. Ma nessuno mi ha mai fatto sentire importante (e bellissima) come lui. E poi il mio mentore, il mio unico, vero capo che per aver scommesso su di me ha pagato un conto salatissimo: alla fine, i fatti gli hanno dato ragione, come sempre, perché era davvero un uomo illuminato. Ma ogni volta che penso alle ingiustizie che ha subíto, per causa mia, provo una enorme gratitudine. Amara, ma immensa.
E invece qualcuno che non devi ringraziare?
Questa è la domanda più bella di tutte e ti assicuro che, quando l'ho letta, ho pensato che la tua newsletter sarebbe stata l'unica che avrei atteso con ansia. E provo ad essere sincera, anche se questa volta è più difficile. Perché c'è l'educazione cattolica del "vi perdono", c'è il cuore dell'Instagram del "mi avete tutti insegnato qualcosa". Però, in tutta onestà, se ho imparato qualcosa, dalle persone a cui non devo un grazie, è il qualcosa di me che non mi piace. La diffidenza, il passo indietro, la porta chiusa di una casa che è sempre stata aperta, da che ho memoria. Un feed di Instagram che nutro pochissimo, perché ho il terrore che qualsiasi parola possa essere usata contro di me (è successo, purtroppo: era FB, ma il risultato non cambia). Per consolarci, la chiamiamo "saggezza". Ma ti assicuro che se i sentieri della mia vita non si fossero incrociati con quelli di queste persone (poche, a dire il vero, ma comunque troppe), sarei la Ale di sempre- e non questa persona impaurita in cui non mi riconosco, ma che sono diventata.
Posso garantirti che ogni di cosa di te tutto comunica tranne che paura, ma so benissimo che ciò che mostriamo è spesso una maschera, Pirandello docet. Concludiamo come sempre con un consiglio per chi si riconoscesse nelle tue parole.
Ai tempi in cui facevo il giudice, dicevo che l'unica cosa che avevo imparato dalla professione era di non giudicare nessuno. Il mio lavoro era giudicare i fatti, non le persone per le quali, semmai, provavo grande empatia e, talvolta, anche compassione. Lo stesso vale per i consigli: ne do tanti, a volte anche troppi, ma sempre con la consapevolezza che valgono poco. Ognuno ha i suoi princípi, le sue convinzioni, i suoi démoni, anche - e tutti sottostiamo allo stesso destino, di sbagliare da soli.
Preferisco tendere una mano, nel caso. E dare il cattivo esempio, finché posso :)
Grazie Alessandra, ti abbraccio da qui! 🌸
E a te che stai leggendo ricordo che la prossima stanza potrebbe ospitare la tua storia, se ti va. Noi ci rileggiamo nella prossima Controra, che ti arriverà prestissimo. Alla prossima!
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E se vuoi scrivermi io rispondo sempre, mica come chi lo dice e non lo fa!
Grazie Stefania per avermi aperto le porte del mondo di webinarte e con piacere ho letto questa intervista! 🥰
Nello spirito di Controra, me la sono letta oggi con calma a colazione. Grazie per queste storie, mi danno tanta ispirazione.