La prolessi è una tecnica narrativa che consiste nel rivelare in anticipo un evento futuro rispetto al momento della narrazione. L’avrai incontrata centinaia di volte, è un espediente che crea suspense e curiosità, perché il lettore sa qualcosa di importante prima che accada nel corso naturale della trama. Tipo:
Carissimo, quando leggerai queste parole io non ci sarò più.
Oggi la userò anche io, piegandola un po’ alle circostanze: sto scrivendo questa newsletter a più riprese da metà ottobre (perché Controra si fa così, è un lavoro diffuso e costante) e tu mi leggerai quando tutto sarà compiuto, ma quel tutto, oggi che termino e programmo l’invio, io non lo conosco. Trump avrà vinto le elezioni e quindi sarò in preda all’angoscia di fronte a scenari terrificanti, ancora più terrificanti di quelli consueti degli ultimi anni; oppure no, e le cose paurose saranno gli addobbi di Halloween, i film dell’orrore e tutto il classico armamentario che ci piace così tanto e che trasciniamo da novembre a Natale; oltre, naturalmente, alla triade delle 3 M che non conosce stagioni e fa parte stabilmente della mia condizione: Malanni, Malessere e Malanimo.
E quindi ciao, questa è Controra, e oggi proverò a scacciare il simile con il simile, l’orrore con l’orrore, sperando con tutto il cuore che tu mi stia leggendo con animo sereno e divertito. D’altra parte, questo posto è nato come un rifugio, e quindi rifugiamoci.
Adeguato tappeto sonoro:
4 chiacchiere (sul gusto per la paura, e poi usciamo a smaltire i quintali di dolcetti e scherzetti)
La mia passione per le cose spaventose nasce, come spesso accade, da un imprinting ben preciso. Avevo 11 anni quando uscì il video di Thriller, e da allora non ho più smesso di appassionarmi a zombie, mostri nascosti nell’armadio, case infestate, disastri e compagnia bella. Sono preparatissima:
Conosci la teoria dell’Esposizione? E’ un pilastro della psicoterapia cognitivo-comportamentale e, semplificando al massimo, prevede di affrontare cose e situazioni che incutono timore e che si evitano per paura, ansia o disagio, rimanendo al sicuro nella propria zona di comfort. L’esposizione aiuta a liberarsi dalle paure, ritrovare fiducia nelle nostre possibilità e quindi riappropriarci di una certa libertà di azione. La consapevolezza di non poter controllare quasi niente fornisce sollievo all’imprevisto e alle cose che temiamo di più. Questa è la teoria dal punto vista scientifico; quella dal mio punto di vista di ragazzina spaventata e insicura allora e di donna spaventatissima ma consapevole oggi, è che lo faccio per due motivi:
perché non si sa mai. Metti che alla fine quell’apocalisse climatica arrivi davvero, che un virus sconosciuto ci costringa a scelte impensabili, che il tuo vicino di casa si riveli uno psicopatico anche se salutava sempre (ti ricorda qualcosa?), io avrò un catalogo sterminato di cose da fare e non fare imparato a memoria, o perlomeno sento di averlo, e tanto mi basta. Pensi che stia esagerando? Leggi qui.
perché avere paura può essere bellissimo. E’ una liberazione catartica, un sollievo alle pene insostenibili della vita, un momento di distrazione e anche una palestra dove allenare strategie di reazione psicologica alle brutture del mondo e ai nostri traumi. Stephen King ne ha fatto il centro della sua narrativa e lo ha spiegato nel saggio Dance Macabre, e oggi questo concetto è alla base del lavoro di molti gruppi di ricerca. Come questo dell’Università di Aarhus in Danimarca, dove francamente amerei trascorrere un anno sabbatico.
Uno dei miei modi preferiti di sperimentare questa paura terapeutica è sempre stato guardare avidamente ogni film e serie tv di genere post-apocalittico in circolazione. Mai mi sarei aspettata di osservare scene reali assolutamente identiche a quelle di finzione, o di tremare per sceneggiature distopiche terribilmente plausibili come quella di Civil War, un grandissimo film che ti consiglio ma che forse avrei fatto bene a non guardare proprio in questi giorni.
Più avanti trovi un sacco di cose paurosissime da gustare per distrarti, ma ora usciamo a fare due passi (sperando che nel bosco non ci sia qualche mostro in agguato).
Fuori dalla bolla 🚪
Anche oggi usciamo di casa e andiamo in un posto poco conosciuto per approfondire un tema che mi interessa, e spero interessi anche a te. Con noi ci sarà Valerio Bassan, giornalista e strategist, esperto di media e digitale e autore di una newsletter che per me è sempre occasione di grandi riflessioni. Lo trovi anche qui e qui .
Per chi vive intensamente i luoghi di internet, di fatto nutrendoli con la propria presenza, con i propri dati e contenuti, è fondamentale comprendere il percorso che ha portato la tecnologia della rete dall’essere messaggera di grandi promesse di partecipazione democratica alle storture di oggi. Probabilmente starai pensando di saperne già abbastanza, in fondo non facciamo altro dalla mattina alla sera che navigare. Ma credimi, probabilmente non è così, e credo che oggi sia cruciale migliorare la nostra conoscenza di certi meccanismi. Per questo motivo, la scorsa estate ho portato in vacanza con me l’ultimo libro di Valerio, Riavviare il sistema. Come abbiamo rotto Internet e perché tocca a noi riaggiustarla e l’ho riempito di appunti, come puoi vedere.
Ciao Valerio, benvenuto in Controra. Non voglio spoilerare troppo le tante cose che racconti nel libro e che sono state davvero una sorpresa, ne citerò solo una: “el paquete”, il cloud clandestino con dentro di tutto e di più che settimanalmente, da 15 anni, viene distribuito a Cuba (dove, ricordiamolo, l’embargo riguarda anche la rete). Nonostante la formale illegalità, il Governo opera una certa censura dei contenuti del cloud, e questo mi ha fatto pensare a uno strano parallelismo tra questo pacchetto di conoscenze, così prezioso per i cubani, e la nostra rete, formalmente libera ma in realtà pesantemente condizionata da algoritmi che decidono cosa mostrarci e cosa no (la muskizzazione oscena di Twitter ne è un esempio). Pensiamo di essere liberi ma in realtà le nostre scelte non lo sono del tutto. Che ne pensi?
Spesso tendiamo a dare per scontate cose che non lo sono, tra cui la tecnologia che più di ogni altra permette alle nostre società di funzionare, la struttura portante dei servizi che utilizziamo ogni giorno. Sulla cui fragilità, che è evidente, non riflettiamo mai. La rete è sotto attacco da parte di forze commerciali, finanziarie e politiche; è diventata anche uno strumento di guerra, ed è controllata da poche corporation tecnologiche che ne determinano le sorti. Sono processi che racconto nel libro, capitolo dopo capitolo: la privatizzazione di Internet, la sua piattaformizzazione, gentrificazione, deumanizzazione. In qualche modo, la promessa originaria della rete - quella di spazio libero, partecipato e democratico - è stata tradita: sta a noi tornare a chiederci se vogliamo che Internet torni a essere un “luogo” più equo e più sostenibile, al cui centro ci sono primariamente gli interessi dei cittadini e non quelli di altri.
Come dicevo prima, la percezione di quali siano i nostri diritti e i nostri obiettivi, in qualità di fruitori ma anche creatori di dati in rete, non sembra essere sufficientemente chiara. O perlomeno non lo era per me, nonostante io mi ritenga una persona mediamente informata e consapevole. Qual è, secondo te, LA domanda che ognuno di noi dovrebbe avere chiara in mente da questo punto di vista?
Forse la domanda più semplice, che tutte dovremmo porci, è questa: come ci fa sentire usare Internet? Bene? Male? Indifferenti? Come ci siamo interessati in questi ultimi anni di temi collettivi come il cambiamento climatico, credo sia ora occuparci anche della sostenibilità della rete. Prima che diventi un luogo inabitabile, escludente, estrattivo, proviamo a chiederci se possiamo rallentare questo antropocene digitale e salvaguardare l’ecosistema di Internet, almeno in parte, dagli interessi economici e dalla speculazione sui nostri dati personali.
Algoritmi e consenso degli utenti sono altri due concetti su cui mi sono molto interrogata durante la lettura. Rispetto a questi temi, quali pensi che siano il il maggiore rischio e la più grande opportunità che ci si porranno davanti nei prossimi anni?
Il mondo online è vastissimo, e gli algoritmi sono strumenti indispensabili per navigarlo. Quindi non “spariranno”, anzi, ce ne saranno sempre di più; quello a cui possiamo aspirare è di eliminare, o quantomeno limitare, i bias che gli algoritmi hanno - e quindi ricreano - spesso amplificando le disuguaglianze sociali. Il rischio è quello di continuare a lasciare che siano le aziende tecnologiche le uniche a tracciare la strada, con i loro evidenti interessi economici; l’opportunità, al contrario, è costruire processi collettivi di progettazione della rete che tengano conto anche di come possiamo rimettere Internet al servizio delle comunità, garantendo parità di accesso, uguaglianza di fruizione, e limitando lo sfruttamento estrattivo dei nostri dati. Dopo anni, sembra di essere arrivati a un momento di svolta, almeno nel dibattito pubblico: oggi il tema della salute della rete - e della nostra salute digitale - è al centro di molti dibattiti, anche in politica.
Come antidoto all’abbrutimento collettivo fomentato dalla natura stessa delle piattaforme, tu parli anche di diritto alla “riconnessione”. Cosa intendi?
«Riavviare il sistema» non è un libro luddista che invita a smettere di usare Internet, a disconnettersi dai social, a ritirarsi in un eremo. La rete è una tecnologia fantastica e dobbiamo continuare a usarla; semplicemente, possiamo iniziare a usarla meglio. Più che di un diritto alla disconnessione, dovremmo cercare un “diritto alla riconnessione”: riconnetterci prima di tutto a noi stessi e tra noi stessi. In quanto componente umana del web, siamo il suo magma. E ribollire non può che farci bene — a patto che riusciamo a incanalare quell’energia nella giusta direzione. Noi e nessun altro portiamo il «fuoco» del web.
Ti ringrazio davvero del tuo tempo e ti chiedo un’ultima cosa: se domani ci dicessero che tutto sarà azzerato, che ci sarà una gigantesca tabula rasa necessaria a riavviare il sistema, e tu dovessi scegliere una cosa sola da salvare e portare con te nel Nuovo Sistema, quale sarebbe? Be’, non ho dubbi: Wikipedia :)
Rientriamo, spero che questa passeggiata sia stata interessante. Puoi lasciare un commento se ti va, mi aiuteresti molto. E se ti occupi di qualcosa che vorresti condividere andando a passeggiare insieme, scrivimi! Prima di continuare, com’è mia consuetudine ti lascio un link. Ha a che fare con un bellissimo capitolo del libro di Valerio, spero che insieme alla nostra chiacchierata stimoli ancora di più la tua curiosità. Corri in libreria, d’altra parte è tempo di pensare ai regali di Natale!
Cose da cliccare, guardare, gustare, salvare
(senza coprirsi gli occhi con le mani!)
Letture: Vallardi sta pubblicando da tempo Dark Tales. La serie gotica della British Library, una raccolta di narrativa gotica riproposta in volumetti dalle copertine talmente belle che vorrai collezionarle tutte. Puoi ammirarle in questo reel della mia amica Elena, che ringrazio per avermi risparmiato la fatica di farne uno :)
Un’altra collana che ovviamente ho acquistato interamente è Macabre di Sperling & Kupfer. Capisco che i soldi sono limitati, perciò tra tutti i libri pubblicati mi limito a suggerirti di scegliere questo, che è una pietra miliare.
E se ti appassionano le storie di fantasmi, ma vuoi uscire dai soliti schemi narrativi, questo non ti deluderà:
Podcast: A proposito di fantasmi, ti consiglio un podcast molto suggestivo. In Pane e fantasmi, Amedeo Berta torna dopo anni nell’isola di Alicudi per affrontare un mistero del passato…
Le nl degli altri: mia mamma è tornata nei giorni scorsi nel suo paese natale per il ponte dei morti, e alla mia domanda “com’è andata oggi?” la risposta è stata “Benissimo, siamo state tutto il giorno al cimitero!”. Questa cosa potrebbe risultarti familiare o incomprensibile 😅, in entrambi i casi ti consiglio questo bel reportage di Poster sul culto dei defunti a Napoli (e anche tutta la newsletter, ovviamente!).
Schermi: preparati perché anche qui ti inondo di segnalazioni, d’altra parte Controra esce solo una volta a mese, io devo fare decluttering e tu puoi leggerla un po’ alla volta; è come farsi compagnia e continuare a chiacchierare in attesa della prossima uscita.
Una antica casa aristocratica nell’Italia del 1800, avvolta da leggende contadine e vecchi misteri, è l’ambientazione di Hai mai avuto paura? , l’interessante horror opera prima di Ambra Principato girato in provincia di Perugia, che racconta la storia di Giacomo, giovane poeta tormentato dalla cattiva salute e da una famiglia rigida e oppressiva (sì, come quel Giacomo, cui è liberamente ispirato il romanzo di Michele Mari alla base del film). Tremende uccisioni a opera di una fantomatica bestia nelle notti di luna piena, antiche maledizioni e segreti di famiglia, sono gli elementi di una storia filmata in uno stile quasi teatrale, con un gusto per il dettaglio scenico artigianale che ci accompagna in un percorso di formazione attraverso superstizioni e svelamenti terrificanti.
Dalla campagna italiana ci spostiamo in mare aperto:
The Rig (rinnovata per una seconda stagione, per fortuna), è ambientato su una piattaforma petrolifera al largo della Scozia e io l’ho di-vo-ra-ta, perché quando unisci il fattore nebbia che improvvisamente avvolge e isola da tutto e tutti impedendo le comunicazioni, antiche leggende soprannaturali e il survival drama, vado in brodo di giuggiole. Come spesso accade, la lotta per la sopravvivenza sarò minacciata più dalle dinamiche interne ai personaggi che dal mistero incombente oltre la grigia coltre esterna di mare e cielo, perché il vero nemico siamo sempre noi, ormai lo sappiamo bene. Bonus “cuore” per alcuni volti che abbiamo amato ne Il Trono di spade.
Le storie horror più riuscite sono quelle che ci parlano di “altro”:
Under the shadow è un horror affascinante e struggente, ambientato nell’Iran degli anni ‘80; del nostro immaginario occidentale legato a quegli anni, il film mostra solo brevissimi squarci di luce e libertà, come le videocassette con le lezioni di aerobica di Jane Fonda che la protagonista guarda di nascosto; Shideh, costretta a rinunciare agli studi di medicina dal regime repressivo di Teheran per via di passate proteste studentesche, si ritrova sola con la figlia in un condominio della città, oppressa da un lutto recente, dai bombardamenti via via sempre più intensi e da una minaccia ancestrale legata ad antiche leggende. Un altro squarcio, questa volta fisico, causato da un missile inesploso, si aprirà nel palazzo facendo entrare un “vento” minaccioso e opprimente, come quel velo imposto che ha spento nella donna ogni speranza di liberazione. Anche qui, come nelle altre due segnalazioni, il nemico è un mutaforma, e che sia reale o meno poco importa; e, soprattutto, qui la potenza delle inquadrature, degli oggetti semplici e artigianali che diventano minaccia mortale, della maestria del montaggio e dell’uso delle luci, costruisce un prodotto di assoluta originalità e commovente profondità.
E adesso altri link a tema, e se non sono riuscita a darti qualche spunto di distrazione dalla paura oggi, forse getto la spugna:
i bloopers di Frankestein junior, capolavoro fresco di 50mo anniversario (con un pensiero triste alla bravissima e sfortunata Terri Garr)
business pericolosi: le case stregate
di cosa hanno paura quelli che ci hanno fatto paura
un thriller imperdibile!
prepariamoci all’apocalisse con un occhio al design (e ripeschiamo Fallout, la serie che mi ha catturata anche per il suo strepitoso stile retrò-futuristico)
se hai in programma una gita a Cambridge, sappi che al Museo di Zoologia puoi parlare con gli animali morti
un profilo Instagram molto bello:
e metti che negli Stati Uniti sia andato tutto malissimo: ecco un momento di conforto gentilmente offerto da Yo-Yo Ma
Per finire, il consueto screenshot: torniamo a Dance Macabre, che oggi più che mai ci parla di come stiamo:
Grazie del tuo tempo, io ti abbraccio virtualmente per farmi coraggio e ti aspetto nella prossima Stanza degli ospiti: parleremo di scrittura e progetti favolosi…
Stammi bene🌸.
Piaciuta molto questa puntata con l'intervista a Valerio Bassan e tutti i consigli (che cercherò di raccogliere qua e là, un po' alla volta). Ma che bello è il tappeto sonoro spooky!
Stefania sei sempre fonte di grandi riflessioni, e a scegliere ospiti con un portato umano e intellettuale ricco e interessante, grazie mille davvero.