Ehi ciao, buona domenica. Vorrei subito tranquillizzarti: il titolo di oggi non significa che sto per farti uno di quei discorsi motivazionali sul puntare sempre più in alto, la vita è bellissima, se vuoi puoi, blablabla, giammai. Come scrive
:
Ma avrai notato certamente anche tu l’aria di rassegnazione che c’è in giro, della serie questo passa il convento e tocca accontentarsi. Be’, manco per niente.
Oggi niente sottofondo musicale, mi è venuto il dubbio che sia distraente. Che ne pensi?
Parliamone (del pretendere qualcosa in più)
In effetti, dicevo, qualcosa in più o in meglio possiamo farlo e pretenderlo.
Per esempio, una banalità - sebbene per molte di noi missione impossibile: dire al nostro parrucchiere che il taglio proprio non ci piace.
Ma anche: pretendere qualcosa in più da chi si è costruito un’immagine di massima accountability e però si sfila dal confronto. Mi riferisco alle reazioni di abbonate e abbonati all’uscita del podcast di Chiara Valerio per Il Post, prima e a mio parere significativa crepa nel muro del consenso fino poco tempo fa abbastanza generalizzato rispetto alle loro scelte editoriali. Oggi anche qui, come ho fatto altrove, vorrei dire che alle critiche si risponde. Che ok spiegare bene, ma intanto spiegare. Limare le virgole e i punti di ogni riga che si scrive (come sa bene chi riceve la newsletter serale Evening Post, spesso ricca di aneddoti di redazione su questo) e poi lasciare inevase richieste di chiarimento così importanti: perché? Paghiamo anche per questo, o no? Si era detto che il vecchio modo di fare informazione lo dovevamo buttare alle ortiche e che Il Post lo facevamo insieme, o no? E quindi, noi qua stiamo, sempre in fiduciosa attesa da settimane1. Ci sono due possibili risposte che mi sono data per giustificare questa scelta: la prima è logica ma dopo tanti giorni ormai implausibile, e cioè immaginare un gran lavorìo dietro le quinte per tirare fuori argomentazioni puntuali e il più chiare possibili per motivare la scelta di affidare un podcast (francamente brutto, peraltro) a una persona così divisiva (odio usare questo termine ormai inflazionato, ma non me ne viene in mente uno migliore). La seconda è sconcertante ma sempre più realistica (letti anche i pochissimi commenti che qualcuno della redazione si è lasciato scappare): è cioè una cosa tipo figurati se dobbiamo giustificarci con voi che parlate senza sapere barra capire barra ascoltare ecc. ecc., facendo finta di ignorare che le scelte editoriali sono ovviamente libere e legittime e ci mancherebbe, ma se le reazioni sono quelle che abbiamo visto, sono altrettanto legittime le domande di chi ti permette di farle, quelle scelte. In effetti, ora che ci penso, ce ne sarebbe anche una terza:
“La strategia è sperare che se lo dimentichino?”
Queste sono parole di Francesco Costa, che parla di altro in una delle sue ultime newsletter e io vi ho ironicamente letto la domanda che mi sto facendo da parecchi giorni. Ci sono molte cose a cui non mi sento di rinunciare, e per questo non ho annullato l’abbonamento a Il Post, ma mi rendo conto che ho iniziato a guardare certi atteggiamenti ricorrenti con il filtro della delusione, e questo influenza il mio giudizio su un progetto nel quale ho investito tanto (non solo denaro). Voglio sperare che stiano dedicando alla questione il rispetto dovuto e che diano presto un cenno di vita.
E poi: io sto andando a votare ai Referendum; a parte per quello sulla cittadinanza ci vado con molti dubbi e una discreta incazzatura per la poca trasparenza dei promotori (perché le cose non sono così semplici come si vorrebbe far credere) e per la consueta aria di ricatto che mi affligge da che ho la scheda elettorale. Le cose non si migliorano cambiando una virgola o eliminando una parola (sfido chiunque a leggere i quesiti e a capirci qualcosa senza l’aiuto di chi ne sa di più), ci vorrebbe una classe politica diversa e la volontà di cambiare davvero le cose, non di piantare bandiere e guadagnare consensi facili, ma tant’è. E restando in tema:
E’ proprio vero, come scrive
, che le parole, quelle parole, dobbiamo pronunciarle prima noi; è anche per questo motivo che qualche giorno fa ho partecipato al primo incontro dei Vigevano Partecipa Days, un’iniziativa promossa da diverse forze politiche (ma con l’intento di essere, per quanto possibile, apartitica) per permettere a cittadini e cittadine, stakeholders e esperti e esperte di settore di sedere intorno a diversi tavoli tematici e iniziare a porre le basi di un programma per tentare di salvare la città da decenni di abbrutimento politico, sociale, economico e civile. Nella prima puntata della prima stagione, io che mi sventaglio:Ma soprattutto, oggi per me alzare l’asticella significa provare a fare qualcosa di nuovo, un passetto in più fuori dai recinti delle piattaforme di cui spesso mi lamento, buttandomi senza paracadute.
E quindi, mi sono chiesta: è possibile portare una newsletter fuori dallo schermo? Tempo fa lo store Amelie Milano di Vigevano mi ha proposto di provare a fare una newsletter dal vivo, e all’inizio non sapevo proprio come cavarmela. Poi ho pensato di fare semplicemente come ogni mese: partire da un pensiero e costruirci intorno un percorso, fatto di riflessioni, storie, condivisioni e spunti. Abbiamo parlato di abiti da abitare, di Pirandello, della Rose di Titanic, di voci interiori e di posti felici da trovare e nei quali stare bene e stare comode, rimanendo noi stesse o scoprendo qualcosa di nuovo in noi che mai avremmo immaginato. Come faccio qui in Controra, ho anche consigliato libri e una newsletter, quella di
. In una uscita di Morbido di qualche tempo fa, c’era una frase: wish me wishes. L’ho tenuta al calduccio per mesi, come faccio sempre con quelle parole preziose che devono trovare l’incastro giusto, e accomodarsi nel posto adatto a poter dischiudere le loro possibilità più luminose. L’ho usata per concludere la mia Controra dal vivo, e spero che a Valentina faccia piacere sapere come l’ho custodita e poi fatta risuonare in un luogo a cui sono certa non aveva pensato, tra persone che hanno riso, condiviso, conosciuto. E che mi hanno fatto sapere tutto quello che è arrivato dopo il nostro incontro: altri pensieri, altri desideri. Quel giorno non ci sono stati link da cliccare, perché i collegamenti veri sono stati fatti dalle persone che si sono raccontate e confrontate. In questo reel c’è molto di quella giornata, quello che spero si veda di più (a parte me che gesticolo come sempre e sembro incinta di sei mesi) è il nutrimento, che viene dallo spirito della gente quando si condividono momenti importanti.La strada giusta è fare cose insieme, lì fuori, ogni volta che si può. Io continuerò certamente così.
Qui, invece, è dove ti ricordo che puoi chiudere Controra e riprenderla in un altro momento. Vai a fare una passeggiata.
A volte ritornano (diversi)
C’era una volta il Taccuino di Controra. Era un’idea partorita l’anno scorso che mi lasciava sempre un po’ perplessa. La pietra tombale su quella versione l’hanno data alcuni progetti visti recentemente con una idea di base simile, molto più belli del mio ma che come il mio non mi convincono del tutto (avrò tempo di leggere anche un prodotto fatto così quando sarò capace di liberarmi di tanto altro, mannaggia). Quindi facciamo che ogni tanto il taccuino te lo metto qua, giusto per darti un’idea del mese appena trascorso:
Cose da cliccare, guardare, gustare, salvare
📚 Letture
Sempre a proposito di incontrare le persone nel mondo reale, dopo anni di messaggi su Instagram ho finalmente potuto abbracciare Valeria Locati, in occasione della presentazione del suo libro.
La distanza che cura l’ho letto d’un fiato durante la mia ultima trasferta romana, e non per caso. Volevo farlo esattamente lì, nelle mie vecchie stanze e sepolta dalle solite dinamiche da rientro in famiglia; ma questo è un libro adatto a chiunque, non solo a chi è andato lontano da casa, perché non credo esista una sola persona immune dalle conseguenze dei retaggi familiari, dei legami e delle eredità emotive che ci tengono in scacco. Ho preso molti appunti mentali che tengo per me, ma ho voluto fare a Valeria - che ringrazio di cuore - un paio di domande da condividere in questo spazio:
Cara Valeria, io ho letto il libro dal punto di vista di chi è andato materialmente distante dal nucleo familiare, ma ho pensato spesso che avrebbero dovuto leggerlo anche e soprattutto coloro che sono "restati". Che ne pensi?
Il concetto di distanza che cerco di veicolare è proprio quello della personalizzazione: ogni individuo può essere più o meno distante da altri a prescindere dalla collocazione geografica. In italiano purtroppo non abbiamo una definizione neutra della distanza, siamo abituati a vederla al negativo. In realtà possiamo provare a intenderla come una misura delle posizioni reciproche, una definizione di quanto spazio esiste all’interno delle relazioni. Ecco quindi che assume un nuovo significato, una possibilità riservata sia a chi va sia a chi resta. È la qualità dei confini che mettiamo che fa la differenza, sempre.
Se dovessi dare un solo consiglio a chi è in difficoltà rispetto ai temi che tratti nel libro e non riesce a fare "un primo passo" (verso la riflessione, la terapia o altro), cosa diresti?
Più che un consiglio, mi piacerebbe arrivasse un nuovo sguardo. Siamo totalmente assuefatti all’idea di ricevere indicazioni, consigli, strategie, buone prassi da non ricordare mai quanto sia, alla fine, la nostra capacità di prendere decisioni e operare scelte a fare la differenza. Proviamo a non sottostare alle visioni altrui perché in famiglia si è sempre fatto così o perché lo troviamo rassicurante. Esiste un mondo di nuove sedie su cui fermarsi a osservare, nuovi punti di vista per capire da dove veniamo. Non è soccombendo o litigando che si sopravvive, bensì è attraverso l’esplorazione del nuovo che si conoscono altri scenari, magari liberatori, certamente diversi da quelli in cui ci siamo incastrati.
📺 Schermi
Spettegolerei volentieri con te sulle schifezze che affollano le piattaforme streaming, ma stiamo parlando di alzare l’asticella, e quindi quale modo migliore che recuperare un capolavoro assoluto, che ha fatto la storia del cinema noir.
La fiamma del peccato, è una miniera d’oro di bravura, perizia tecnica e scrittura, e anche di tanti aneddoti, raccontati benissimo nella newsletter di
, di cui ho parlato altre volte in Controra. Lo trovi a noleggio su Prime Video a meno di 3 euro; spendi ‘sti due spicci che ne vale la pena.Intervallo bellezza: Claudia Cardinale sul set de “Il Gattopardo (1963)
🎙 Podcast
(Brava me che sono preveggente e avevo invitato l’ospite di oggi dopo lo Spotify wrapped 2024, senza sapere che sarebbe scoppiato il delirio del caso Garlasco ✌)
Una delle cose peggiori che possa capitare a chi è appassionato di - esempio a caso 🤭 - serie tv su epidemie mortali e zombie, è averle già viste tutte e dover ripiegare sull’ennesimo rewatch, giusto per tenere a bada le crisi di astinenza. La stessa cosa capita con altre passioni, come i podcast true crime.

Cosa fare quando hai già ascoltato tutti i Nazzi, i Lucarelli, i Demoni Urbani e compagnia bella? Mi sono trovata in questa situazione circa 10 mesi fa, e ho iniziato a vagare in preda alla disperazione nel sottobosco di Spotify alla ricerca di qualcosa che non fossero certe schifezze molto note, dal successo per me INCOMPRENSIBILE: banali, sciatte, trite e ritrite. Per mia fortuna, un giorno ho scoperto Dpen Crimini e da allora mi sono lanciata in un lunghissimo binge listening, soprattutto nei momenti di massimo tedio in cui mi serve ascoltare qualcosa che mi distragga. Tipo le trasferte in macchina e il lavaggio capelli (amiche, dove lo posizioniamo questo sulla scala Rocco Schiavone? direi almeno al nono posto).
Ora, io lo so che tu starai pensando: figuriamoci, sarà uguale a tutti gli altri! E invece no, perché in Dpen ci sono due elementi fondamentali che è raro trovare: il primo è la passione per le storie, la stessa passione che porta te a parlarne per ore con qualcun altro o ad ascoltare per ore chi le sa raccontare bene, con trasporto. La seconda è il rispetto maniacale delle fonti. Le famose “carte” che andrebbero imparate a memoria quando ci si vuole approcciare a certe vicende che, ricordiamocelo sempre, significano soprattutto sofferenza, delle vittime e delle loro famiglie in primis. Questo è un aspetto che spesso manca in podcast anche molto blasonati, che si riducono a un chiacchiericcio fine a se stesso. Francamente, a fare quello saremmo capaci anche noi, basta creare una chat di gruppo su WhatsApp (mi rivolgo di nuovo a certe amiche che so che mi leggono: io sono sempre qui che aspetto!).
Le puntate di Dpen, invece, si basano sempre sullo studio matto e disperatissimo del materiale esistente, attività molto complessa e faticosa (prova a scaricare e leggere una sentenza e poi ne riparliamo, qui trovi le sentenze su Alberto Stasi, auguri!). Per me, in questi lunghi mesi di ascolto, è stato molto interessante ascoltare tante storie, spesso molto conosciute, raccontate però da un punto di vista diverso e onesto anche nel cambiare idea, lo stesso stato d’animo che spesso ho anche io: certezze poche, dubbi tanti.
Diciamo che, immaginando l’universo dei podcast true crime, ci sono due estremi: uno è certamente Indagini: emotività ridotta al minimo, racconto iper razionale dei fatti nudi e crudi, zero giudizio, puro understatement. L’altro per me è Dpen: massima partecipazione, fervore nel racconto (che a noi fervorose piace da matti), ma sempre con la consapevolezza di dover portare qualcosa di diverso dal parlarsi addosso, un ragionamento, un’idea. Dpen lo trovi anche su YouTube e su Instagram, e da poco è anche su Patreon; se dovessi appassionarti anche tu, ci sono tre livelli di abbonamento che eventualmente potrai scegliere per supportare il progetto e avere accesso a contenuti esclusivi.
Questo pippone come mio solito lunghissimo, mi sembrava assolutamente necessario in questi giorni di circo equestre, in cui assistiamo al peggio del peggio e sentiamo spesso dare la colpa del livello del chiacchiericcio online proprio ai podcast. Mi permetto di dire che dipende da chi si ascolta.
Io ti invito ad ascoltare Dpen, che sono certa ti farà ottima compagnia anche durante le prossime vacanze, mentre accolgo con grande contentezza Luca “Palla” Pallavidino, autore e conduttore di Dpen Crimini, che ha accettato il mio invito a essere qui oggi con noi per rispondere a qualche domanda.
Ciao Palla e benvenuto in Controra. Tu hai iniziato questa avventura un po’ per caso, e perché eri “fissato” con il caso dell’omicidio di Meredith Kercher. Io so come è andata a finire questa storia incredibile, vuoi raccontarcela?
Ciao Stefania, grazie mille per l’invito! Il caso di Meredith Kercher è la classica fissazione che non sai spiegarti. Mi hanno chiesto tantissime persone perché mi sono fissato su questo caso, in realtà credo che sia stato questo caso a fissarsi con me, non mi ha mai lasciato. Ho sempre avuto l’impressione di essere molto vicino alla verità, ma mi è sempre sfuggito qualcosa, fino poi ad arrivare, grazie a un lavoro di squadra con altre persone fissate come me, ad una soluzione definitiva che credo sia quella corretta. Il podcast è nato perché volevo dimostrare, al di là di ogni ragionevole dubbio, la colpevolezza di Amanda Knox, che poi addirittura è stata assolta. Negli anni ho capito, dopo infinite ore di studio degli atti del caso, che Amanda non ha ucciso Meredith. Nel 2024, a giugno, JAX e i ragazzi di Non Aprite Quella Podcast mi chiamano e mi propongono di andare a Roma ad intervistare Amanda, un’esclusiva praticamente mondiale. Dalla mia cameretta a leggere le carte, a intervistare Amanda Knox; la dimostrazione che l’ossessione batte sempre il talento e la fortuna.
Il fatto di aver ascoltato tutte le puntate in sequenza è stato molto interessante per osservare l’evoluzione del tuo lavoro dagli inizi ad oggi. Se guardi indietro, a che punto ti senti adesso?
Mi sento molto migliorato e ho capito bene cosa mi piace della cronaca nera e cosa no. Mi piace raccontare le storie, soprattutto quei dettagli strani che non si incastrano mai ma poi hanno sempre un senso. Mi piace cercare soluzioni, improvvisando ricostruzioni ma cercando sempre di scoprire la verità, per quanto sia impossibile. Mi sento lontano da come viene fatta la cronaca nera oggi, cercando sempre lo scoop o la storia che strizza l’occhio al complottismo. Non amo questa ricerca del click che va oltre la ragionevolezza e il rispetto delle persone coinvolte in fatti gravissimi.
Da anni, aggiorno su X un elenco tra il serio e il tragicomico degli elementi ricorrenti in tutti i casi famosi di cui amiamo discutere, sono arrivata a 8. Ho dimenticato qualcosa?
Se sei colpevole e non confessi hai un’ottima probabilità di farla franca, che sia in tribunale o tra l’opinione pubblica. Ad un certo punto qualcuno urlerà a favore della tua innocenza.
Non posso non chiederti di Garlasco, argomento che hai affrontato in varie puntate e su cui sei dovuto giocoforza tornare recentemente; hai spesso detto che, colpevole o innocente, Stasi non sarebbe dovuto essere in carcere. Aspettando di vedere come finirà questa storia ai confini della realtà (io sono pessimista), che opinione ti sei fatto di come viene raccontata?
Viene raccontata come una competizione sportiva, dove il tifo prevale su tutto. Che al bar, davanti a un caffè, le persone commentino in maniera faziosa è giusto e sacrosanto. Ma quando chi prova a fare informazione fa la stessa cosa è molto più grave. Scoprire chi ha ucciso Chiara Poggi e perché sembra passato in secondo piano. Sapere perché Alberto Stasi è stato condannato non conta più, tutti lo consideriamo già innocente. Si tratta solo di dimostrare di aver avuto ragione sul vero assassino o di trovare per primi il prossimo scoop della vicenda. Il resto non conta più nulla. Non sono sicuro che tutto questo circo mediatico, che in parte anche io alimento, sia nel migliore interesse di Chiara e della sua famiglia. Detto questo, per amore della verità, credo che la Procura di Pavia debba fare il possibile per far luce su quello che è avvenuto il 13 agosto del 2007 in Via Pascoli, Garlasco.
🖋 Newsletter
Una recente e piacevole scoperta: Digesting net più che una newsletter è una rassegna, come spiega il suo autore
nella pagina delle informazioni: “una collazione personale di informazioni e approfondimenti incontrati online, comunque attendibili o almeno affidabili”. Mi piace perché è l’opposto della mia, sintetica, ordinata, essenziale anche graficamente e veloce; e perché trovo sempre qualche spunto interessante da approfondire.🔗 E siamo ai link:
(i link di Controra sono come gli integratori di vitamine: puoi aprirne uno al giorno o spararteli tutti insieme, al bisogno)
uno che se alza l’asticella ancora un po’ si fa sparare su Marte: Tom Cruise; imperdibile questo gustosissimo ritratto del New Yorker
a proposito di Marte e di livelli altissimi, le foto vincitrici del Photographer of the Year awards della Nasa
fare “splash” facendoti restare a bocca aperta
anche un’azione semplice come fotografare uno stagno ogni giorno può portare a risultati incredibili
cose da bambini che riescono meglio da adulti: disegnare le casette dei sogni
come trasformare semplici panorami urbani in luoghi di riflessione visiva
l’estate è arrivata di botto; sarà che ho il rifiuto psicologico del caldo, ma mi rendo conto che non ho inserito neanche un contenuto “estivo”. Rimediamo:
Infine, il consueto screenshot finale:
Prima o poi ci arriveremo.
Ti ringrazio del tuo tempo, noi ci rileggiamo nella prossima Stanza degli ospiti: parleremo con un’altra persona che ama fare cose tra la gente, come me. E poi, lunedì 16 giugno alle 21 ci sarà la seconda live di Controra, dedicata anche stavolta a raccontare una newsletter che amo molto. Ti arriverà un remind, spero che ci sarai!
Stammi bene, 🌸
La foto di copertina di questa Controra è di Xin su Unsplash.
I perché e i percome di Controra li trovi qui.
Controra è gratuita, ma richiede tantissimo lavoro. Puoi decidere di darmi una mano facendo quella cosa del caffè, anche offrendomelo ogni mese, se vuoi. La tua generosità mi aiuterà con le spese di abbonamento alle decine di fonti che leggo per scrivere la newsletter (se cogli la citazione ti voglio molto bene!).
E se vuoi scrivermi io rispondo sempre, con tanta contentezza.
Le illustrazioni che rendono Controra molto bella sono di ✏
avrei voluto inserire qualche ulteriore riepilogo della vicenda ma on line c’è pochissimo, e questo è un altro aspetto problematico della vicenda.
Eh, anch'io da abbonata del Post sono qui in attesa di qualche spiegazione. Poi, la perfezione non ce l'aspettiamo da nessuno eh, ma un po' di coerenza sulle robe importanti quella sì
Che bello sapere che hai fatto prendere un po' d'aria a Morbido, fuori da questi schermi. Grazie Stefania. E che bellissima idea Controra dal vivo, brava!