Controra è molto lunga e molto piena di cose. Ti consiglio di leggerla dalla app di Substack, è più comodo e più bello!
Ciao, buona domenica e buon aprile, mese di riordini, voglia di fare e anche del mio compleanno. Quanto ai primi due punti: nel sito di Controra ci sono due nuove sezioni, libri e persone, con gli elenchi di letture, ospiti, amiche e amici che si sono avvicendati in quasi due anni di newsletter; e poi continuano i miei tentativi di mostrare come non si sia mai troppo grandi per imparare a fare cose nuove e coltivare il gusto della sperimentazione, e quindi Controra è andata anche in diretta, puoi recuperare la prima qui. Sorvolo sul mio compleanno, certa che capirai 👵
Sto scrivendo già la newsletter di maggio; in realtà la sto scrivendo da mesi perché contiene molte riflessioni su cosa ho imparato in questi due anni, su Substack e, in generale, su come stiamo messe noi che vogliamo comunicare qualcosa. Spero che la leggerai. Mentre io procedo con la bozza, tu potresti dirmi perché la leggi; fammi questo regalo, scrivimi!
Oggi parleremo, indovina un po’? di pulizie di primavera. Schiaccia “play” e andiamo.
Parliamone (delle pulizie, utili o fallimentari)
A casa mia c’è un “ordine” apparente. Chi arriva mi fa sempre tanti complimenti e io rispondo che c’è anche molta polvere sotto il tappeto, in senso più o meno metaforico. La mia casa è come me, la gente mi incontra e mi fa “ti vedo benissimo!” mentre io mi sento un catorcio e vorrei chiudermi in un sanatorio. Se tu aprissi le ante dei miei armadi potresti trovare cose piegate male, appallottolamenti vari, tutte quelle cose che vorrei eliminare ma sono troppo pigra per farlo, e molti oggetti comprati per consolarmi e e che invece mi fanno sentire colpevole; servono a soddisfare bisogni istintivi, poco razionali, necessità che si nutrono delle tentazioni prodotte dallo scroll selvaggio.
Le cose cambiano (o forse no). Nella Controra #2 mi preoccupavo del decluttering e di fare ordine nel mio feed di Instagram.
(…) la fuffa regna sovrana e infesta praticamente ogni settore, dalla cucina al costume, dal make-up al wellness, non c'è argomento senza un'influencer/guru/maestro di riferimento che ti spaccia consigli infallibili, tutorial e trucchetti dall'alto del suo piedistallo
Quella missione l’ho portata a termine, ma ti confesso che ancora non riesco a liberarmi di certe tentazioni che mi portano poi a guardare i dieci correttori che ho sul tavolino da trucco vergognandomi di me stessa.
Proviamoci di nuovo, allora. Approfittiamo del cambio di stagione per eliminare qualche inutilità e far respirare meglio gli spazi; se siamo state brave, ogni anno faremo meno fatica. Il principio vale per ogni genere di pulizia e stavolta butterò nell’indifferenziato:
i rapporti deludenti, quelli che non hanno evidentemente investito il tuo stesso capitale, facendoti ritrovare “in perdita” (di affetto, impegno emotivo, energie): che bello che è archiviarli definitivamente, senza rancore, con consapevolezza degli errori fatti e di cosa abbiamo imparato
il medico che non ascolta e che proprio non si arrende a ciò che chi ha un orecchio interno ben sviluppato sa perfettamente: corpo e mente lavorano insieme, i giardini da curare sono due
il benessere simulato, per non sentirsi noiose; ti vedo che stai malissimo e fai finta di niente, il che è quasi obbligatorio in certi contesti ma a patto che non diventi una pessima e costante abitudine. Al cattivo umore si può rimediare in tanti modi; il mio preferito purtroppo costicchia ma ho deciso di investirci comunque parte del budget familiare e di farlo senza sensi di colpa. D’altra parte, questo nostro malessere potrebbe essere utile anche per dare slancio all’economia o rivelarsi un ottimo investimento; nella sezione dei link ti dico perché
i profili inutili sui social; oltre al delirio nel mobiletto del bagno, periodicamente dovremmo dare una ripulita anche ai nostri feed. Ti compare improvvisamente un nome e non ricordi più perché lo seguivi oppure te lo ricordi ma non fa più per te? Potrebbe essere saggio smetterla di farlo e sostituirlo con qualcosa o qualcuno di diverso; un esempio più avanti
i consigli per gli acquisti mascherati da consigli sull’ordine: come ha suggerito saggiamente Simona Melani tempo fa, non ti serve travasare le pastiglie di detersivo dalla loro scatola al carinissimo contenitore che costa solo 5 euro e che starà chiuso in un posto poco visibile, esattamente come la scatola
le notifiche di ogni singola app. Qui predico bene e razzolo malissimo, ma dovevo dirtelo
lo stesso, immutabile punto di vista. Recentemente ho cambiato ufficio, passando da una vista parcheggio a una così
Ti sembrerà assurdo, ma è bastato questo per farmi riconsiderare moltissime cose. Adesso recupera il sacchetto dell’immondizia e fai un nodo. Usciamo a buttarlo.
Fuori dalla bolla*
(*questo è da poco anche il titolo di un podcast di Francesco Oggiano e Marracash, sono indecisa se rosicare per il copyright o chiedere loro di invitarmi)
Anche oggi usciamo di casa e andiamo a passeggiare in un posto poco conosciuto per approfondire un tema che mi interessa, e che spero interessi anche a te.
Soprattutto le amiche di Controra conosceranno bene quella che io chiamo la “skincare fatigue”, che non consiste solo negli ottocento passaggi che abbiamo importato dalla Corea ma nasce prima, e cioè quando guardiamo lo scaffale delle creme in negozio e abbiamo davanti IL MONDO. Chi ci ridarà il tempo perso a scrollare le nostre whishlist zeppe di cose viste/sentite/consigliate, tutte imprescindibili, tutte da avere, tutte migliori delle altre? Il nostro problema è che ci sono troppe cose e troppi consigli di influencer, esperte, imprenditrici, amiche e sconosciute. E’ talmente difficile scegliere, che da qualche tempo furoreggiano sui social molte nuove professioni, che dovrebbero aiutare a scremare il mucchio e scegliere con maggiore consapevolezza: skin specialist, beauty specialist, consulenti o semplici “esperte”, dai cv più o meno ricchi e per tutte le necessità. Siccome io sono fissata con le robe scientifiche, ho voluto invitare qualcuno che ci desse una mano dal punto di vista più tecnico possibile. Eleonora Gavino, chimica e tecnologa farmaceutica, è una con la testa metà in laboratorio e metà in profumeria, perché si occupa di gestire il percorso del prodotto cosmetico dall’ideazione all’immissione sul mercato. Eleonora ha da poco avviato anche una newsletter che approfondisce i temi della cosmetica a 360 gradi, e io chiaramente mi sono subito iscritta. Te la consiglio non solo per capire meglio meccanismi e regola, ma anche per alcuni racconti da dietro le quinte molto divertenti. La trovi anche su Instagram.
Ciao Eleonora, e benvenuta in Controra. Raccontaci chi sei e cosa fai nella vita.
Ciao Stefania, grazie per avermi ospitato in “fuori dalla bolla” della tua splendida Controra, sono molto felice di essere qui dove ho spesso letto di profili che ora fanno parte delle mie letture e del valore aggiunto ai miei canali social.
Chi sono? Ammetto che a volte non l’ho avuto ben chiaro. Direi che sono una sognatrice che usa l’essere bionda come alibi, legge l’oroscopo anche se antiscientifico e considera i cartoni animati e il cantare a squarciagola in macchina il suo Xanax. Sono una di quelle persone innamorate del proprio lavoro – forse troppo – che hanno provato a seguire i sogni di bambina anche rischiando, rinunciando al certo per l’incerto, diventando una nomade di carriera, inseguendo ciò che pensavo di voler essere… e che ad oggi non so nemmeno se voglio più essere. A proposito di lavoro, mi hanno dato tanti nomi o job titles nel corso della mia carriera…l'ultimo è Head of Product. Semplificando, direi che sono una professionista del settore cosmetico. Lavoro da oltre 10 anni in questo mondo occupandomi di prodotto a 360°, dalla creazione del concetto fino al lancio sul mercato. So formulare, ma non faccio la formulatrice: spesso il laboratorio è parte del mio team.
Se dovessi descrivermi, direi che sono un ibrido: un mix tra la natura scientifica dello sviluppo prodotto, il rigore degli affari regolatori e la visione strategica del marketing. Sono laureata in Chimica e Tecnologia Farmaceutica, dopo qualche anno di lavoro ho sentito la necessità di approfondire le dinamiche di mercato e per questo ho conseguito un master in Marketing e Retail per il settore beauty. Lavorando per aziende a distribuzione internazionale, ho sviluppato una solida coscienza normativa globale. Questo mix tra formazione ed esperienza mi permette di creare prodotti che rispondano alle esigenze del mercato con il rigore della scienza.
Veniamo ai motivi per cui sei qui oggi: immagina di dover consigliare a qualcuno, totalmente ignorante in materia, come fare a orientarsi nel mercato gigantesco del beauty. Iniziamo dalle differenze tra i prodotti: da cosa sono giustificate le differenze di prezzo tra prodotti di fasce diverse? Ha senso spendere 200 euro per una crema viso?
Il primo consiglio che do sempre è cercare di farsi un’opinione critica seppur questa non scongiuri dal prendere delle sòle, quelle le prendiamo tutti, anche noi del settore e (spoiler) non dipende solo dalla formula ma da diversi fattori, quei fattori che incidono anche sul prezzo. Le differenze di prezzo nei cosmetici dipendono da: gli ingredienti, la formula nel senso di texture, che è fondamentale dato che è la prima ragione per cui ci piace un prodotto prima ancora della sua efficacia, la realizzazione industriale che può incidere per difficoltà di realizzazione per produzione della formula o confezionamento, gli studi di efficacia che ci permettono di dare supporto ai claims, le certificazioni perché non esistono certificazioni gratuite, il packaging e, ovviamente, il brand, la comunicazione e tutto ciò che presenta il prodotto al mercato. Quando chi, come me, studia la fattibilità di progetto per un nuovo prodotto nella scheda costo inserisce tutto questo.
Proviamo a fare un esempio concreto usando alcuni ingredienti di tendenza, i peptidi. Alcuni, puri e non in soluzione, costano anche 70000 €/kg. Se prendiamo una crema da 50g e la percentuale attiva del peptide è 0,2%, il prodotto ha già 7 € di valore solo per quell’ingrediente! Spendere 200 euro per una crema ha senso? Dipende. Entra in gioco anche la percezione: il valore di un cosmetico dipende anche da quello che rappresenta per chi lo acquista. Se quel brand trasmette fiducia e coerenza con le aspettative del cliente, il prezzo può essere giustificato, ma non sempre il prezzo elevato è garanzia di maggiore efficacia.
Personalmente mi trovo sempre di fronte allo stesso dilemma, e cioè come bilanciare una necessità X (tipo di pelle, età, ecc.) con il contenuto del prodotto (dichiarato, e di cui ci dobbiamo fidare chiaramente). Mi è capitato spesso di provare delle cose sulla carta perfette per me che però non mi hanno entusiasmata.
È un dilemma comune: anche conoscendo le proprie esigenze e leggendo tutto ciò che riguarda il prodotto, solo provandolo possiamo capire se fa davvero per noi. La lista ingredienti, per quanto utile, non racconta tutto: non ci dice nulla sulla texture, sulla sensazione e, soprattutto, sull’esperienza d’uso.
Sono una grande sostenitrice dei campioncini; quando disponibili, sono la soluzione ideale, dobbiamo ringraziare Josephine Esther Mentzer - meglio conosciuta come Estée Lauder - per aver avuto questa brillante intuizione. Altrettanto fondamentali addette/i alla vendita competenti e capaci di ascoltare e tradurre le esigenze in prodotti. Detto questo, anche con tutta la preparazione e competenza del mondo, l’acquisto di un cosmetico resta sempre un piccolo atto di fede. Una formula eccellente può non funzionare se il packaging ne limita le potenzialità, pensiamo a un mascara con un applicatore che non va bene sulle nostre ciglia.
A proposito del fidarsi: qui apriamo il capitolo gigantesco dei claim ingannevoli. In qualità di consumatrici, come possiamo fare per non cadere nei tranelli?
Hai colto un punto davvero importante! L'opinione critica è essenziale per non cadere nei tranelli dei claims cosmetici. Aldilà della fiducia nel brand che “lavora bene” è bene sapere che ogni claim cosmetico sia scritto che visivo è – dovrebbe essere – regolamentato dal Regolamento 655/2013 e supportato da prove. Quando si parla di proprietà, è importante capire se si fa riferimento all'efficacia dell'ingrediente singolo o al prodotto nel suo complesso. Un esempio classico è l'acido ialuronico, che è noto per le sue proprietà idratanti, ma non possiamo dare per scontato che il prodotto abbia lo stesso effetto. Infatti, una delle regole base è che le proprietà dei singoli ingredienti non posso essere attribuiti al prodotto se non ci sono prove a supporto (che possono essere anche ampia letteratura che riporta che a una certa percentuale l’ingrediente a quell’effetto aldilà della matrice/formula in cui è inserito).
Invece per dichiarazioni come -23% di rughe o +17% di compattezza, gli asterischi devono rimandare ai test a supporto, perché la loro veridicità dipende dalla solidità dei dati. Su questo però, purtroppo, non esistono linee guida precise sul numero di volontari necessari per rendere i test statisticamente significativi, quindi un panel ridotto potrebbe non riflettere appieno l'efficacia sulla nostra pelle.
Imparare a leggere TUTTO ciò che è dichiarato riguardo il prodotto (sia sul packaging che sui siti ufficiali di riferimento) può essere un buono strumento per essere più consapevoli.
Altro capitolo gigantesco: i princìpi attivi alla moda. Dall’acido ialuronico, ai peptidi, alle ceramidi, non c’è brand che non sforni decine di referenze ogni anno. (A proposito: cosa va di moda nel 2025?) Vai a capire cosa fanno, a cosa servono e soprattutto, SE ci servono. A chi possiamo rivolgerci per capirci qualcosa in più?
Eh sì, ogni anno nuovi ingredienti si affacciano sulla scena cosmetica e, puntualmente, ci troviamo a chiederci: servono davvero o sono solo l’ennesima trovata di marketing? Partiamo da quello che va di moda nel 2025. Gli esosomi sono tra gli ingredienti più chiacchierati: sono microscopiche vescicole che migliorano la comunicazione tra le cellule e sono impiegate per stimolare la rigenerazione cutanea, migliorare cicatrici e segni dell’invecchiamento. I peptidi, ormai protagonisti fissi, continuano a essere apprezzati per il loro ruolo nel supportare la produzione di collagene, migliorare la texture della pelle e contrastare discromie. Entrambi sono ingredienti che agiscono a livello cellulare, e qui entra in gioco una non proprio sottile contraddizione normativa: per definizione, il cosmetico agisce solo sugli strati superficiali della pelle eppure, nella valutazione di sicurezza, prima dell’immissione in commercio, ogni ingrediente è considerato come se penetrasse al 100% - salvo eccezioni specifiche - secondo il principio di precauzione. Non voglio aprire ulteriori dubbi ma solo far riflettere su come il settore sia in continua evoluzione, così come altri ambiti in cui alcuni approcci vengono perfezionati nel tempo e altri, invece, si rivelano meno efficaci o sicuri di quanto si pensasse inizialmente. Ci sono poi l’acido ialuronico e le ceramidi, non sono certo una novità, ma restano imprescindibili per idratazione e ripristino della barriera cutanea—e non più solo per il viso, ma sempre più spesso anche per il corpo.
Ma torniamo alla domanda chiave: ci servono davvero? La verità è che l’offerta è il riflesso delle richieste del mercato. Se un ingrediente diventa popolare, è perché intercetta un bisogno, un desiderio o una nuova esigenza dei consumatori. Il settore evolve, supportato da studi scientifici, nuove tecnologie e anche normative più stringenti (e meno greenwashing, si spera). La direzione? Non solo sentirsi più belli, ma anche meglio: è dimostrato che la cura di noi stessi ha un impatto positivo sul benessere e, in alcuni casi, può prevenire o supportare problematiche dermatologiche senza necessariamente ricorrere a farmaci.
Allora, a chi rivolgersi per capirci qualcosa? A chi sa spiegare questi concetti senza perdersi in tecnicismi e senza vendere miraggi. La buona divulgazione è quella che traduce la scienza in informazioni comprensibili, aiutando a fare scelte consapevoli. Perché alla fine, conoscere davvero cosa utilizziamo è il primo passo per essere padroni delle proprie decisioni - e non solo in ambito beauty.
E veniamo alle fuff-esperte (solito femminile sovraesteso per questioni di numero, ma insomma, ci siamo capite). Quelle che indossano un camice metaforico e parlano a vanvera di cose che non conoscono. Purtroppo imperversano, e purtroppo sono molto seguite. Aiutaci a riconoscerle e evitarle.
Ah, il camice! Viene indossato non solo metaforicamente, ma anche come strumento per aumentare l’autorevolezza. Ultimamente lo vedo sempre più spesso. Mi verrebbe da dire, “quando ho iniziato io qui era tutta campagna’” giusto per sdrammatizzare un po'! Però, a parte le battute, c'è un fondo di verità: oggi c’è molto più interesse verso questo settore, e questo, nel complesso, è positivo. Ha portato maggiore attenzione su temi che un tempo erano considerati superficiali, permettendo di offrire informazioni più accurate su un mondo che ancora oggi ha un alone di mistero. Però questo fenomeno ha anche alimentato un certo numero di 'tuttologi' che si sentono legittimati a parlare di cose che non conoscono. C'è chi copia contenuti senza capirli, chi diffonde informazioni parziali, generando disinformazione. Quindi, un consiglio: non credere ai tuttologi! Anche nel nostro settore, difficilmente si può essere esperti in tutto. Per esempio, io mi occupo principalmente dello sviluppo prodotto per skincare e profumeria con particolare attenzione alle normative. So poco di haircare e non ho mai lavorato nel make-up. A proposito di citazioni più auliche: “so di non sapere” e lo ammetto senza problemi. Questo dovrebbe essere anche il mantra di chi si professa esperto ma senza trasparenza su carriera ed esperienza; come succede per i claims prodotto, le informazioni sono generiche e non verificabili. Inoltre collezionare titoli di studio non basta per essere competenti. La teoria è una cosa, ma la pratica è tutt’altra. Conosco persone estremamente competenti che non hanno necessariamente seguito un percorso accademico classico e altre che, pur avendo mille titoli, provano a misurare il pH di un prodotto anidro e insolubile in acqua (se non c’è acqua non si può misurare il pH). Io la maggior parte della mia competenza l’ho appresa sul campo: pur avendo una solida base teorica, sempre focalizzata sull'approfondire e comprendere piuttosto che accumulare semplicemente voti, quando mi sono immersa nel mondo aziendale ho dovuto adattare e applicare quelle teorie alla realtà, trasformandole in soluzioni pratiche ed efficaci. Purtroppo non c’è una formula per smascherare, non esiste un Revelio che riveli i fuff-esperti, ma alla fine la competenza premia. Chi segue, prima o poi, si rende conto di chi vale e chi no, chi ha contenuti autentici e i Ctrl+C/ Ctrl+V.
Io ti ringrazio e ti chiedo di salutarci condividendo una chicca a piacere: la cosa più assurda che hai visto o ascoltato recentemente.
La cosa più assurda che ho visto e ascoltato recentemente è stato un consiglio da parte di un esperto con un brand proprio e un profilo decisamente autocelebrativo: usare l’amido di mais come cipria fissativa per il make-up, nel caso in cui “non ci si possa permettere” una cipria vera. Nonostante il mio parere sul consiglio, ho risposto educatamente, portando evidenze scientifiche. I prodotti alimentari e cosmetici sono regolati diversamente, soprattutto per la sicurezza microbiologica. Nei cosmetici, i limiti per batteri (< 100 UFC/gr) e muffe/lieviti (< 10 UFC/gr) sono molto più severi rispetto agli alimenti, dove i limiti arrivano fino a 10.000 UFC per batteri e 500 per muffe e lieviti. Insomma, gli alimenti non sono necessariamente più sicuri se utilizzati impropriamente e quinti a scopo diverso dall’alimentare. Come è andata? Mi ha risposto dicendo che promuove soluzioni naturali e fai da te e che io sono fuorviata dal mondo aziendale, mettendo in dubbio la regolamentazione. A quel punto, il mio cuore appassionato del proprio lavoro ha fatto crack! La sicurezza microbiologica nei cosmetici è regolata da standard più severi, che gli alimenti usati come cosmetici siano più sicuri è un mito, facilmente sfatato dalla normativa UNI EN ISO*. Considerando che il personaggio ha un brand proprio, gli interrogativi si sono moltiplicati e quindi come spesso hai consigliato tu, cosa ho fatto? DEFOLLOW.
Cose da cliccare, guardare, gustare, salvare
📚 Letture (con un ospite)
L’Italia è un Paese di santi, poeti, navigatori e commissari memorabili. Qualcuno potrebbe perfino pensare che la narrativa a loro dedicata non abbia più molto da dire. E invece c’è una nuova serie noir che ti convincerà del contrario. Per me è stata una folgorazione, e non solo per il titolo che mi ha quasi obbligata alla lettura, ma perché mi ha tirata fuori da una lunga serie di frustranti delusioni, facendomi finalmente ritrovare quello spazio di puro godimento che è il libro giusto al momento giusto. Essendo io nerd su queste cose, ho voluto conoscere l’autore andando con ordine (a proposito: come fanno quelli che non seguono l’ordine cronologico nei romanzi con lo stesso protagonista? Boh, la gente è strana. Ma andiamo avanti).
L’ultimo pinguino delle Langhe è il primo romanzo di Orso Tosco dedicato al commissario Gualtiero Bove, detto il Pinguino per evidenti motivi legati alla sua fisicità e alla sua passione per le nuotate in muta nelle acque fredde dei fiumi, e ha vinto il Premio Scerbanenco 2024.
L’ho letteralmente divorato per poi passare a La Controra del Barolo.
Il commissario Bove è un ligure “esiliato” in Piemonte con la classica scusa della promozione, e la Provincia Granda, le Langhe e le piccole e grandi località di questo bellissimo territorio, non sono solo uno sfondo per i crimini da risolvere, ma un vero e proprio personaggio. Ho fatto a Orso qualche domanda, assolutamente senza spoiler.
Ciao Orso, grazie di essere qui. Dicevo prima della provincia; spesso, leggendo, si ha proprio la sensazione che i luoghi che tu descrivi con una lingua ricchissima, evocativa e quasi fotografica, abbiano la potenza narrativa di un personaggio, in qualche modo accompagnando gli eventi. E sono anche molto evidenti gli echi di tutta la produzione letteraria che ne ha fatto racconto prezioso. Perché hai scelto questa ambientazione?
Cara Stefania, grazie a te per l’invito, è un grande piacere poter accompagnare il Pinguino nella tua Controra. La scelta dell’ambientazione ha a che fare con il più complesso e al tempo stesso semplice dei meccanismi: l’innamoramento. Semplice perché nulla quanto l’innamoramento ci attrae ed è in grado di annullare le nostre difese o paure, e complesso perché provare a spiegarlo è sempre un gioco di prestigio destinato al fallimento. Diciamo che è un territorio a cui sono legato per “debiti” letterari nei confronti dei giganti delle Langhe, Fenoglio e Pavese, e per ragioni biografiche, mio padre infatti è nato a Carrù. E infine, più recentemente, mi sono ritrovato a vivere questi luoghi grazie alla mia compagna che ha una casa proprio a Marsaglia, la stessa casa in cui faccio vivere il mio Pinguino.
Il Pinguino è un “estraneo”, straniero nel nuovo posto in cui vive, e questa sua condizione lo aiuta a sviluppare una sensibilità che sfocia in fiuto investigativo finissimo. Questo fiuto si accompagna a una natura sarcastica e ai piaceri della tavola, che lo aiutano a tollerare ferite mai sanate e malinconie. È un tratto che si ritrova spesso nelle persone che sono costretta a un qualche tipo di “strappo” dal proprio mondo, ne ho casualmente parlato anche io nella scorsa Controra dedicata al ricordo del mio bisnonno Vincenzo, emigrato negli Stati Uniti. Questa è una condizione che hai descritto benissimo, vuoi parlarcene?
Con il Pinguino ho voluto creare un personaggio in qualche modo costretto a essere “estraneo” un po’ ovunque. Come giustamente dici, lo è sicuramente nel nuovo luogo in cui vive e lavora, ma in un certo senso credo che lo fosse anche nel luogo in cui è nato e cresciuto, il ponente ligure, la zona di confine tra l’Italia e la Francia. Se ci pensi il Pinguino da subito ha la sfortuna di nascere non bello in un mondo in cui la dittatura della bellezza è sempre più feroce, e lui, a questa sfortuna ne aggiunge una ulteriore, e se possibile più crudele: nasce non bello da due genitori bellissimi, e da un fratello a sua volta molto piacente. Insomma, se queste faccende possono essere viste come lotterie genetiche, il Pinguino la perde nel modo più clamoroso. Ma questo dato in qualche modo gli serve da lezione, gli fa capire da subito che lui verrà sempre visto come una nota stonata, o comunque fuori posto. E che per quelli fuori posto, il mondo, sa essere un luogo piuttosto pericoloso e cattivo. E non a caso il Pinguino sceglie di munirsi di una corazza, una corazza la cui lega principale è proprio il sarcasmo, l’ironia, con cui tenta di proteggersi da se stesso e dagli altri.
Il Commissario Bove è una figura affascinante, ma non posso non segnalare a chi ci legge la favolosa squadra di poliziotti e altri personaggi che lo affiancano: umanissimi, contraddittori, ridicoli, indimenticabili. I veri comprimari dell’eroe nelle storie sono spesso soggetti insospettabili, che portano nella trama criminale e crudele un momento di leggerezza e comicità, ma anche di saggezza inaspettata. Sono il supporto indispensabile per la risoluzione dei casi ma anche, mi pare, per rendere tutto più sopportabile. Nella letteratura italiana la tradizione del “comico” ha sempre svolto un ruolo fondamentale. Perché hai scelto di usare anche questo registro?
Perché, come giustamente affermi, il comico, nelle sue forme più svariate ha una grande tradizione nella nostra cultura, e perché le avventure del Pinguino, oltre ad essere legate la noir, al crime, sono anche degli affreschi di viti di quella che amo definire la provincia profonda italiana, e in questo tipo di provincia l’ironia, spesso oscura, stramba, la fa da padrona.
Non sveleremo cos’è la “Controra del Barolo”. Ti chiedo però di immaginare che Pinguino sia qui con noi e che abbia assunto, come fa spesso, una dose di LSD, che lo aiuta a rendere più sopportabile il peso che si porta dietro. La sostanza ha come effetto collaterale la germinazione nella sua mente di quartetti di parole, che diventano quasi un commento o un accompagnamento allo svolgimento dei fatti. Regalacene un esempio.
Amfetamina
Rosa canina
Mongolfiera
Quasi primavera
❤❤❤ Grazie, aspetto con ansia la prossima avventura di Bove, spero che verrai qui a parlarne!
Ehi tu, dall’altra parte dello schermo; qui è dove ti ricordo che puoi chiudere Controra e riprenderla in un altro momento. E’ a lunga conservazione, non scade.
📺 Schermi
A proposito di commissari, in questo caso Detective.
Vera è il racconto in 14 stagioni delle indagini di Vera Stanhop (personaggio creato dalla giallista Anne Cleeves e interpretata da Brenda Blethyn, bravissima!); una bella scorpacciata di quei posti e personaggi british che sono una mia passione e di cui spesso ti ho parlato per altre serie tv. Lei è amabilmente scorbutica, e sfodera un intuito sopraffino nascosto tra un my dear e l’altro, oltre a un’ingannevole aria dimessa. Te la segnalo anche per la location da restare a bocca aperta, un Northumberland ammantato di grigi e verdi sfolgoranti.
Ho in lista anche un’altra detective, Cordelia Cupp, la protagonista di The Residence il nuovo “giallo con risata” di Shonda Rimes ambientato alla Casa Bianca1
Ne parlano tutti bene e a me piace moltissimo il look della protagonista, ne puoi leggere qui.
🎙 Podcast
Quest’anno ricorre il 50mo anniversario di “Qualcuno volò sul nido del cuculo” e io, prima forse di farla finita per sopravvenuta anzianità, ti invito ad ascoltare questa puntata di Storyboard, il podcast di Gabriele Niola che racconta le storie dietro ai film (la mia parte preferita è quella dedicata alla controfigura di Nicholson ❤).
🖋 Newsletter
Facciamo che vale quella di Eleonora, così non vado troppo lunga! 😁
🔗 E siamo ai link:
i Gruppi su Facebook sono IL MALE, lo so, ma alcuni potrebbero egregiamente riempire lo spazio lasciato dalla tizia che hai conosciuto in vacanza cent’anni fa e di cui non ti frega nulla. Per esempio questo, bellissimo!
come dire no (sempre nell’ottica di “ripulire”)
e come ripetere le cose cento volte, laddove il messaggio non fosse chiaro
l’idea di business di prima: in Cina i giovani sono PIENI e vogliono andare in ospizio
a proposito di cambiare il punto di vista
tra una pulizia e l’altra, fai una pausa leggendo questa storia
ti pare che non ti linkavo un risveglio primaverile?
Infine, il consueto screenshot finale:
Vorrei dire a Francesco Piccolo che nel mio bagno il suo momento di trascurabile felicità durerebbe ore.
Ti ringrazio del tuo tempo, noi ci rileggiamo nella prossima Stanza degli ospiti; faremo un viaggio da Minsk a Londra. Stammi bene, 🌸
Mi hai incuriosito un sacco con l'intervista a Orso Tosco: i poker di parole sotto effetto LSD mi sembrano geniali 😆.
Bellissimo podcast quello di Gabriele Nicola, me lo sono consumato e ogni tanto torno ad ascoltare ancora qualche puntata.